Home Grosseto Verso le amministrative, Carlo Vivarelli scrive a Bonifazi: “Esercito in strada e Consulta della legalità”

Verso le amministrative, Carlo Vivarelli scrive a Bonifazi: “Esercito in strada e Consulta della legalità”

di Redazione
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Carlo Vivarelli, candidato a sindaco di Grosseto per Toscana Stato, ha inviato oggi una lettera aperta al sindaco del capoluogo maremmano, Emilio Bonifazi, con alcune proposte riguardanti la sicurezza nel territorio comunale.

Ritengo che i fenomeni criminali in città e nel territorio comunale siano completamente fuori controllo delle autorità, e che la situazione non possa essere più affrontata in modo tradizionale. La popolazione deve essere coinvolta in modo strutturale per garantire la sicurezza del territorio, e così anche l’esercito. Ma non solo – spiega Vivarelli -. Ritengo che la sicurezza non debba più essere una dimensione della vita civile che si possa affrontare con modalità esclusivamente repressive e militari, ma che essa debba divenire un modo di vivere dell’intera società civile, che deve dispiegare mezzi strutturati di studio e di comprensione dei fenomeni criminali che debbano avere come obiettivo non il mero controllo dell’illegalità, ma la sua eliminazione”.

“Per questo ho proposto da un lato sia la creazione di una Consulta della legalità e dall’altro l’impiego dell’esercito nella sorveglianza del territorio – continua il candidato, perché senza affrontare con determinazione militare le cause e le dinamiche sociali e storiche delle insorgenze criminali non si può pensare di vincere quella che ormai è a tutti gli effetti una guerra civile”.

La lettera

Ecco il testo integrale della lettera:

Egregio Sig. Sindaco,

come i fatti criminali che accadono ormai con cadenza quotidiana a Grosseto testimoniano, dalla ragazza finita in coma per overdose sulle mura cittadine ai ripetuti furti portati a termine, dall’enorme numero di predoni che spadroneggiano liberamente in città alla presenza strutturale e radicata di organizzazioni criminali italiche e straniere presenti in Toscana, 35 per la precisione, certificata dalla Commissione Affari istituzionali del Consiglio regionale, articolo del 25 marzo 2014 de Il Fatto Quotidiano (mi chiedo perché le autorità italiane invece di stilare statistiche non vadano ad arrestare le famiglie criminali, visto che le cosche mafiose hanno tutte una base familiare, e mi chiedo perchè non espellano immediatamente queste persone sia dalla Toscana che dal continente europeo), alla ormai apparentemente tollerata presenza di organizzazioni criminali che anche visibilmente organizzano il caporalato nelle campagne maremmane nella sempre apparente indifferenza delle istituzioni, all’invasione di imprese economiche gestite da non italici e non europei provenienti da Paesi dove imperano dittature comuniste o islamiche, la provenienza dei capitali per fondare le quali non può né essere chiarita né essere certificata legale in alcun modo, e sfido qualsiasi autorità a dimostrare nei fatti il contrario (senza parlare della reale identità delle persone straniere che vengono in Maremma, alla quale lo stato italiano da dei diritti, dei fondi e delle assistenze senza nemmeno sapere chi queste persone effettivamente siano: ed ancora sfido chiunque a certificare la vera, comprovabile identità di queste persone), possiamo tranquillamente parlare di una situazione completamente fuori controllo. Per ultimo, è sufficiente leggere le parole riportate dalla stampa locale il 31 gennaio 2016 del Procuratore di Grosseto Capasso riguardo alle infiltrazioni mafiose in provincia: a mio avviso un resoconto di guerra.

A fronte di questo immenso disastro che sta distruggendo, e finirà di distruggere in breve il tessuto civile, economico e politico della Maremma, Le chiedo di mettere in opera i seguenti atti.

1-   In primo luogo quello di richiedere con forza l’intervento dell’esercito in appoggio ed in coordinamento con le forze dell’ordine, con l’obbiettivo di porre in essere dei presidi sul territorio del Comune di Grosseto, con lo scopo di controllare chi entra ed esce dal territorio comunale, e di presidiare con posti di blocco stradali e pattugliamenti a piedi giorno e notte tutto il territorio comunale, anche extracittadino, con l’uso di unità cinofile anti armi, anti droga e anti esplosivo. Le ricordo che, ad esempio, nella città di Prato, la stazione della Polizia di Stato in piazza del Duomo è circondata e protetta dall’Esercito italiano. Se questa sinergia tra forze dell’ordine ed esercito è messa in opera in un’altra città della Toscana, non esiste motivo affinchè detta sinergia non debba essere messa in opera a Grosseto, tanto più che noi paghiamo i componenti dell’esercito, e non esiste giustificazione al fatto, davvero assurdo, che si lascino i soldati nelle caserme mentre fuori le famiglie criminali spadroneggiano indisturbate predando i beni di noi maremmani e maremmane.

2-   Il secondo è quello di promuovere l’organizzazione dell’autodifesa della cittadinanza. Lei dovrebbe, e a mio avviso ha l’obbligo morale, di promuovere direttamente la creazione, in ogni quartiere della città, frazione, e zona rurale, all’interno del Comune di Grosseto, sotto il diretto patrocinio e coordinamento attivo del Comune di Grosseto, di associazioni per la sicurezza, sull’esempio di Grosseto Sicura, alla presentazione della quale Lei era presente, e durante la quale Lei ha detto le testuali parole ‘Se voi oggi siete qui a fondare questa associazione, è evidente che lo Stato italiano non è più in grado di garantire compiutamente la sicurezza dei propri cittadini’. La sfido a smentirmi. Di queste Sue parole coraggiose, io comunque La ringrazio, perché almeno Lei ha avuto il coraggio di dire la verità. E senza presa di consapevolezza dei problemi, non esiste valida azione possibile per la risoluzione degli stessi.

3-   La invito a creare immediatamente, all’interno dell’amministrazione comunale la Consulta della Legalità. E’ del tutto evidente che la criminalità non è praticamente mai, se non per episodi numericamente marginali, un’attività messa in opera da singoli, ma è un’attività messa in opera in modo organizzato e continuativo, con tratti e dinamiche quasi sempre familiari. La criminalità si espande per famiglie, e dunque, per esteso, per gruppi etnici. I ladri, gli spacciatori, i caporali,  sono sempre gli stessi, appartengono alle stesse famiglie e agli stessi gruppi etnici, sia italici, che europei, che extraeuropei. Gli studi, ormai storici, sulla presenza e sul modo di operare delle mafie italiche, criminalmente fiorita in realtà dall’unità d’Italia in poi, ci insegnano che le mafie e le organizzazioni criminali, anche quelle non italiche, si combattono traducendo in Leggi il principio che definisce l’organizzazione mafiosa come un’attività collettiva, e che estende appunto il concetto di responsabilità criminale da individuale a collettiva. La Consulta della Legalità, che, come tutte le Consulte, è aperta alla partecipazione dell’intera popolazione residente in un Comune, deve occuparsi di raccogliere, sotto l’autorità, la responsabilità ed il coordinamento del Sindaco, che è un Pubblico Ufficiale, e la supervisione e dei rappresentanti del Consiglio Comunale, tutte le proposte, le segnalazioni e gli studi riguardo i fatti illegali o presunti tali, che la popolazione voglia presentare al sindaco stesso. L’istituzione della Consulta della Legalità potrebbe apparire una iniziativa di valore relativo, ma io sono convinto del contrario, perché avere a disposizione uno strumento che raccolga documentazioni, segnalazioni e denunce sotto la tutela del primo cittadino, coinvolgerebbe questi in modo da essere obbligato e stimolato a rendere conto in modo continuo e strutturato alle forze dell’ordine di tutte queste segnalazioni. Questo renderebbe anche l’operato del Sindaco suscettibile di sanzione, eventualmente esso Sindaco si sottraesse ai doveri imperativi discendenti dalla sua carica di Pubblico Ufficiale riguardo alla doverosa, da parte sua, segnalazione di detti fatti o atti presso le forze dell’ordine o altre autorità. E’ un modo più evoluto e strutturato di intendere quello che le stesse forze dell’ordine, che noi qui vogliamo appoggiare con forza, da anni definiscono ‘sicurezza partecipata’.

Distinti saluti”.

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