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Grosseto. Pagare per insegnare: a questo sono costretti gli insegnanti se vogliono lavorare. Oltre a concorsi che ancora dopo anni non garantiscono la stabilità lavorativa, il mondo della scuola è caratterizzato da un precariato che scoraggia anche le più alte e nobili vocazioni.
«Praticamente, il Ministro del merito e dell’istruzione obbliga i docenti precari a spendere 2000 euro di tasca loro per una formazione che permette di partecipare a concorsi e inserisce in prima fascia», racconta una giovane precaria.
Le lezioni prevedono un minimo di presenze e per Grosseto le aule dove frequentare non sono proprio dietro l’angolo. Si deve andare all’Università di Siena, Firenze Pisa, o Roma, se non si sceglie di andare ancora più lontano. «Per partecipare ai corsi c’è anche da pagare una quota di iscrizione di 100 euro – precisa la giovane -, non è rimborsabile se poi non si rientra in graduatoria. Ovviamente, c’è pure una selezione sul punteggio e sull’età».
Frequentare i corsi, specialmente per chi riesce ad accaparrarsi una cattedra in una scuola, è praticamente impossibile se non solo nei fine settimana. Decisamente impraticabile per chi ha scuola anche il sabato e in una sede periferica.
«Il Ministero fa cassa sui precari»
La domanda che si fa la giovane insegnante è quella di tante altre come lei. «Siamo laureati e molti di noi hanno già frequentato corsi di perfezionamento, è davvero necessario spendere un patrimonio visto anche il carovita? – chiede – E’ possibile che ogni volta spunti una nuova riforma che dà la continua sensazione di non riuscire a fare mai abbastanza? Formarsi è un conto, fare cassa sui precari è un altro».
Oltre a rendere praticamente necessari la formazione a pagamento dei precari, il Ministero sembra anche poco attento ai pagamenti. Risulta infatti che alcuni supplenti brevi ad agosto debbano ancora ricevere il pagamento dello stipendio di giugno.
«Da 6 anni precaria, risucchiata in un vorticoso limbo senza speranza»
Tra i precari c’è anche chi lo è da anni e ancora non vede la luce in fondo al tunnel. «Sono una docente attualmente precaria da 6 anni – racconta un’altra professoressa –. Quando ho deciso di intraprendere questa professione ero consapevole dei sacrifici che mi attendevano, unitamente ad una continua formazione da seguire. Ho iniziato con un grande entusiasmo che mi motivava, con il desiderio di fare finalmente ciò che avevo tanto desiderato».
La convinzione era quella che, terminato un periodo di sacrifici, sicuramente sarebbero arrivati i frutti di tutto questo percorso. «Per frutti intendo la possibilità di vivere dignitosamente di questo lavoro che amo – dice la donna -. Purtroppo ad oggi non è ancora così e mi trovo in un vorticoso limbo senza speranza».
«Dopo titoli di studio e formazione, sostenuta indebitandomi, la stabilità è un sogno»
«Dopo un diploma preso con il massimo dei voti, una laurea conseguita in brevissimo tempo, un master e corsi di formazione sostenuti indebitandomi, ho all’attivo un precariato che conta 6 anni di supplenze – racconta la professoressa –. Incredibile come ancora non riesca a sopravvivere con i proventi del mio lavoro. Il raggiungimento di una stabilità, purtroppo, si fa sempre più improbabile».
Continuamente cambiano leggi e procedure. «Dall’obbligatorietà del conseguimento di 24 cfu si è passati ai 60 in un attimo – racconta la docente -, sul tirocinio formativo attivo per il sostegno c’è un ventaglio sempre più intrigato di percorsi: quello in Italia è costosissimo, quello all’estero ancora di più e adesso ne spunta uno su piattaforma Indire. Hanno introdotto la call veloce e in un paio di anni è stata abolita e chi più ne ha più ne metta. Ne inventano una al giorno per complicare o farci spendere quel poco guadagno dell’anno».
«Quest’anno con l’algoritmo ho avuto solo 6-7 mesi di supplenza, sarò costretta a pagare per prendermi l’abilitazione»
Questo clima di instabilità non è spezzato neanche dai concorsi, che dovrebbero invece promettere fermezza e purtroppo non sempre mantengono quanto promesso. «Sui concorsi stendiamo un velo pietoso, dovrei scrivere un altro reclamo – racconta la docente –. La velocità con cui si susseguono i Governi e la velocità con cui conseguentemente viene tutto stravolto fa sì che non si riesca minimamente ad interiorizzare una procedura che questa viene immediatamente soppressa».
Anche nell’insegnamento, regnano algoritmi che dovrebbero agevolare l’assegnazione dei ruoli, ma che non evitano di frantumare le speranze di chi crede nel lavoro di insegnante. «Quest’anno attraverso l’algoritmo io ho avuto uno spezzone di supplenza annuale, al quale non sono riuscita a trovare il completamento – chiosa la docente -, e, con uno stipendio di mille euro al mese per circa 6-7 mesi, mi ritroverò costretta a prendere la nuova abilitazione da 36 cfu per raggiungere i 60, che avrà un costo di 2000 euro. Tutto perché voglio continuare ad avere almeno l’opportunità di essere chiamata, dopo che già due anni fa avevo acquisito i 24 cfu sempre, ovviamente, pagando profumatamente».
«Come si fa a chiedere questo a una categoria di lavoratori? – conclude -. Siamo stremati, arrivati ad una situazione in cui siamo davvero costretti a pagare per lavorare».
Flc Cgil Grosseto: «Dal Ministero proposte ancora disattese.»
Quando a inizio estate 2023 fu ben chiara la direzione ministeriale sulla formazione e sulle cifre da pagare, la Flc Cgil rispose con altrettanto chiare proposte al Ministero. «Oltre ad aumentare la riserva del 40% dei posti sul totale dell’offerta formativa a favore di precari – conclude Alessandra Vegni, segretaria della Flc Cgil Grosseto -, tra le proposte del sindacato c’era anche quella di finanziare la formazione in ingresso garantendo un’offerta più ampia sul territorio nazionale e abbassare il costo massimo dei percorsi, sia di quelli da 60 che da 30 Cfu. Purtroppo, a oggi queste richieste sono rimaste del tutto disattese dal Governo. Molti precari si trovano così ingabbiati nella propria situazione e costretti a pagare costosi percorsi formativi per restare “in corsa”».
Con i fondi Pnrr, erano state aperte le porte a più futuri insegnanti. Ma superare il recente concorso Pnrr del 2024 non rendeva automatica l’abilitazione all’insegnamento. «Con il concorso Pnrr, è stato formulato in maniera tale che anche se a superarlo fosse un numero maggiore di persone rispetto ai posti disponibili, queste non finirebbero in alcuna graduatoria – evidenzia Paola Audino – non acquisirebbero quindi neanche l’abilitazione come nei precedenti concorsi. I partecipanti che superano le prove, e risultano vincitori, prima di essere assunti a tempo indeterminato, se privi di abilitazione, devono firmare un contratto al 31 agosto seguire il percorso abilitante (da 30/36/60 cfu) e solo l’anno successivo potranno avere il contratto a tempo indeterminato e sostenere l’anno di prova. Una procedura abbastanza lunga rispetto al passato».
«Anche sui concorsi il Ministero deve fare chiarezza, ci sono docenti che aspettano da anni – conclude Audino -, dalla Flc Cgil chiediamo di non dimenticare le graduatorie ancora non esaurite di dei concorsi precedenti e di procedere quindi con le assunzioni. Attingendo non solo dal concorso Pnrr, ma anche dalle altre graduatorie non esaurite. Ricordando che, oltre alla graduatoria di merito dell’ordinario, c’è ancora la gm21 del concorso straordinario 2020 da cui attingere e che fino a ora, per questo anno scolastico, è stata messa da parte».