“Il termine bullismo deriva dall’inglese bullying (to bull) che significa ‘usare prepotenza, maltrattare, intimidire, intimorire'”.
A dichiararlo è Valerio Pizzuti, candidato a sindaco di Grosseto per il Polo liberale e riformista.
“Tale definizione è entrata ormai nell’uso corrente per indicare il fenomeno della relazione che si instaura tra soggetti minorenni e che si manifesta essenzialmente sotto forma di pressione fisica e/o psicologica messa in atto reiteratamente da una o più persone (bulli) nei confronti di un altro individuo percepito come più debole (vittima) – spiega Pizzuti –. L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che lo scenario principale in cui trova collocazione il fenomeno del bullismo è la scuola. Le conseguenze psicologiche (e spesso fisiche) del bullismo sulla vittima sono di diversa natura e intensità; normalmente ne deriva un senso di insicurezza, calo dell’autostima, difficoltà di relazione a scuola e in famiglia, cali nel rendimento scolastico. Recenti episodi di cronaca hanno persino dimostrato come episodi di bullismo sono stati causa (o concausa) di atti di autolesionismo a volte purtroppo estremi”.
“Dal bullismo e cyberbullismo direttamente o indirettamente derivano conseguenze per il benessere di giovani e famiglie. Il ‘non considerarlo’ o considerarlo endemico nelle relazioni tra giovani nelle scuole rischia di far crescere metodi relazionali deviati e una parte di comunità giovanile che ha nell’aggressività su persone e cose il suo modello – sottolinea Pizzuti -. L’idea e il progetto che propongo parte da un bisogno reale presente nella nostra comunità e ha l’intenzione di costruire un piano organico articolato in più anni per superare il bullismo e il cyberbullismo, che coinvolge tutti gli attori e punta su educazione, scuola e cultura. L’obiettivo è giungere a una città ‘educativa’ con un progetto almeno triennale”.
La formazione
“Un gruppo di esperti partendo dall’inizio dell’anno scolastico in tutte le scuole statali e paritarie della città avrà il compito di formare gli insegnanti e le famiglie con corsi, seminari e laboratori antibullismo e somministrare un’indagine anonima per far emergere i casi nascosti e pianificare così interventi mirati – termina Pizzuti –. Il piano di prevenzione sarà supportato da figure educative formate ad hoc, nell’ambito di progetti di prevenzione del disagio giovanile. Questi esperti potranno gestire microprogetti di prevenzione e disagio, dando supporto, nel rispetto dell’autonomia scolastica, a iniziative delle scuole”.