Home Grosseto Piazzale De Amicis, Amore: “Due telecamere non bastano a garantire la sicurezza”

Piazzale De Amicis, Amore: “Due telecamere non bastano a garantire la sicurezza”

di Redazione
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L’installazione di due telecamere per la videosorveglianza, come provvedimento richiesto dai residenti per combattere il degrado di piazzale De Amicis, è una misura insufficiente, che molte città, oggi, avrebbero risolto mediante modalità operative differenti“.

A dichiararlo, in un comunicato, è Francesca Amore, consigliera comunale del Movimento 5 Stelle di Grosseto.

“La sicurezza urbana, il degrado e la prevenzione del crimine sono concetti legati a filo doppio con la qualità dello spazio pubblico – continua la nota -. Animazione territoriale, sorveglianza naturale e sostegno reciproco sono pratiche che ogni amministratore deve perseguire attraverso azioni mirate. Si è verificato che, dove esistano tali presupposti, non vi sia necessità alcuna di ricorrere a sistemi di videosorveglianza in remoto. Nel 1972  l’architetto Oscar Newman in ‘Defendible Space0 teorizzò il rapporto tra design urbanistico e comportamenti devianti delle persone, ovvero il rapporto tra la qualità spaziale e attrattività mediante la percezione della stessa da parte dei cittadini. Ecco perchè il ‘piazzalone’ di Barbanella poteva rappresentare oggi lo scenario ideale per la realizzazione di una ‘buona pratica’ di rigenerazione temporanea dal basso, a basso impatto economico e di supporto alla sicurezza. Occasione persa, l’ennesima, anche quella legata alla partecipazione al bando del Ministero della Finanza, scaduto a marzo, ‘Creative living lab’, che proponeva finanziamenti per un milione di euro (50 mila euro a proposta) per microprogetti di rigenerazione urbana legati alla creazione e riqualificazione di spazi di prossimità, ovvero, mediante riorganizzazione e riutilizzo di aree degradate periferiche attraverso il coinvolgimento e la partecipazione attiva degli abitanti del quartiere su interventi innovativi, culturalmente attraenti, creativi e di qualità“.

“Cosa bisognava fare sostanzialmente. Un progetto di urbanistica tattica, ovvero di un’azione strategica indirizzata e specifica, nella quale i cittadini del quartiere divengono i protagonisti assoluti di scelte e azioni rigenerative. Sono interventi leggeri, creativi che mirano a sottrarre spazio al cemento per restituire tatticamente una rinnovata socialità anche attraverso pattern grafici con forte valenza comunicativa ed attrattiva. Barbanella, quartiere che nasce tra gli anni ’50 e gli anni ’60 come modello urbano e virtuoso di edilizia popolare: edifici con carattere tipologico riconoscibile, spazi comuni, chiese, giardini, scuole e servizi di vicinato (Ina-Casa-Piano Fanfani).  Una città autosufficiente nella città, il cui schema sociale e funzionale diviene modello ideale di sviluppo a cui tendere nuovamente ed urgentemente. Barbanella, un quartiere in cui tutti, fino a poco tempo fa, si chiamavano per nome. E’ questo lo spirito che deve essere ritrovato e rinnovato – termina la nota -. Troppo poco, due telecamere non bastano!”.

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