“Non abbiamo dubbi nel sostenere che, sulla vicenda Pietratonda, alla fine hanno vinto il popolo locale e il buon senso, evento raro in questi anni di decadenza culturale, dove si è spesso cercato di fare pressione sulla politica, più o meno aperta e più o meno legittima, affinché prevalessero gli interessi di pochi sul bene comune“.
A dichiararlo, in un comunicato, è Potere al Popolo Grosseto.
“Il popolo di Paganico e di Campagnatico, dapprima incredulo all’appello lanciato da alcuni ambientalisti locali, si è voluto informare ed ha chiesto a gran voce agli amministratori locali di approfondire la questione, raccogliendo memorie e testimonianze tecnicamente importanti tra i minatori che hanno lavorato a Pietratonda – continua la nota -. Poi hanno partecipato in massa ai dibattiti pubblici, dove alcuni tecnici, riportando le tante richieste di precisazioni avanzate dai pubblici uffici su un progetto tecnicamente molto mediocre e pieno di lacune, segnalavano i rischi evidenti”.
“L’arroganza del padronato si è manifestata con la presentazione di ben otto integrazioni al progetto iniziale, le quali hanno però accuratamente evitato di rispondere alle richieste avanzate dagli uffici pubblici di precisazioni, così come nelle menzogne di Confindustria a tutela del profitto e a discapito della popolazione e dei lavoratori della Venator – sottolinea Potere al Popolo –. Alla fine i dirigenti apicali di otto uffici pubblici, quattro ingegneri della Regione (a capo del settore Genio civile, settore Miniere, settore Rifiuti, settore Natura), due architetti (Sovrintendenza e Comune di Campagnatico) e due geologi (Autorità di Bacino e Arpat), affidandosi al buon senso e alla legalità, hanno dovuto bocciare il progetto in Conferenza dei Servizi. La politica della Giunta regionale ci aveva abituato ad assistere come un singolo dirigente, rispettoso delle norme e del bene comune, venisse piegato alle scelte delle lobby padronali, fino alla sua rimozione degli incarichi, ma questa volta sarebbe stato necessario rimuovere tutto un quadro dirigente e l’attenzione popolare e mediatica manifestata sul tema non l’avrebbe tollerato“.
“Questa è la lezione che ci lascia la vicenda Pietratonda: quando un popolo si informa autonomamente e non si fida della versione di comodo di un padronato, che ha fatto propria la tecnica comunicativa usata da Berlusconi, quando ci si attiva e ci si organizza in autonomia – termina la nota –, allora la versione di comodo: ‘Ruby, la nipote di Mubarak…’ non ha più la possibilità di passare“.