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Sanità, il Pci: “No all’intramoenia”

di Redazione
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“La libera professione intramuraria, chiamata anche ‘intramoenia’, si riferisce alle prestazioni erogate al di fuori del normale orario di lavoro dai medici di un ospedale, i quali utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’ospedale stesso a fronte del pagamento da parte del paziente di una tariffa“.

A dichiararlo, in un comunicato, è la segreteria del Pci della federazione di Grosseto.

“Le prestazioni sono generalmente le medesime che il medico deve erogare, sulla base del suo contratto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale, attraverso la normale operatività come medico ospedaliero – continua la nota -. Ricercando sui siti aziendali di varie regioni si ottengono alcune eclatanti e frammentarie informazioni: l’ortopedico con uno stipendio di 55.000 euro, che guadagna in intramoenia 890.000 euro; l’urologo che dichiara 748.841 euro, di cui 658.000 grazie all’intramoenia; l’oculista, con uno stipendio di 88.368 euro e che incassa 1.039.863 euro in intramoenia. Ma non si doveva mettere un tetto ai guadagni dei dipendenti pubblici? Non si doveva ricercare un corretto equilibrio fra attività istituzionali e attività in intramoenia?“.

“Anche Grosseto non è esente da questa pratica ed anche su Grosseto si rispecchia, attraverso i dati forniti dall’Azienda, la situazione rilevata a livello nazionale. Pochi medici che la praticano con guadagni che superano le retribuzioni già garantite dall’attività pubblica – spiega il Pci -. Su Grosseto nel 2017 su 126 professionisti, 70 di loro hanno effettuato prestazioni in intramoenia. Per 13 di loro l’intramoenia ha portato ad un incremento medio dello stipendio di 74.000 euro con punte tra il 30% e il 60% ed aumenti compresi tra un minimo di 39.000 euro e un massimo di 166.000 euro. Nel 2018, su 120 professionisti, 68 di loro hanno effettuato prestazioni in intramoenia. Per 15 di loro l’intramoenia ha portato ad un incremento medio dello stipendio di 71.000 euro con punte tra il 30% e il 65% ed aumenti compresi tra un minimo di 37.000 euro e un massimo di 167.000 euro“.

“La Federazione del Pci di Grosseto ritiene inaccettabile questa situazione perché si dovrebbe invece incentivare l’aumento delle prestazioni pubbliche con una distribuzione più equa dei proventi derivanti da una maggiore attività sanitaria pubblica e eliminare prestazioni che di fatto sono private e svolte in ambulatori pubblici. Così si ridurrebbero anche i costi a carico dei cittadini – prosegue il comunicato -. Si abbatterebbero anche le liste di attesa senza affidare, come si sta verificando, questo compito ad ulteriori soggetti esterni con un razionale utilizzo delle risorse pubbliche.  Altra disparità nel trattamento è rappresentata dal fatto che le prestazioni erogate in regime di intramoenia garantiscono al cittadino la possibilità di scegliere il medico a cui rivolgersi per una prestazione, cosa che non può avvenire nel sistema pubblico dove si è costretti, attraverso le normali prenotazioni con il Cup, a recarsi nel presidio sanitario, spesso lontano dalla residenza, dove si trova disponibile il medico comandato. La sanità pubblica grossetana, come del resto avviene per tutta la Toscana, sta subendo una privatizzazione silenziosa che mette a rischio l’universalità di un servizio previsto dalla Costituzione”.

“Con l’intramoenia, ossia prestazioni che per il Pci sono di tipo privato, si aprono tutte le porte, mentre per i normali cittadini si devono seguire i protocolli tutti formali di accesso alle prestazioni. A riguardo il video postato da un cittadino sulla dermatologia a Grosseto esemplifica molto il concetto: con un’urgenza dermatologica di un bambino verificatasi il sabato intorno alle 21, con assenza di professionisti in servizio, si è visto quasi negare la prestazione nella giornata di martedì perché il protocollo aziendale imponeva nuovamente il passaggio dal Pronto Soccorso – termina il comunicato -. Le soluzioni erano due quella di imporsi come giustamente ha fatto oppure chissà se avesse chiesto una visita ad intramoenia i protocolli non sarebbero più serviti e le stesse porte si sarebbero probabilmente aperte“.

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