Il costo dell’energia, se non si corre ai ripari, avrà un effetto devastante sui conti di molte aziende. Lo sottolinea, dati alla mano, una ricerca del centro studi di Cna nazionale, che ha indagato la situazione di migliaia di piccole e medie imprese italiane.
“I costi che le Pmi italiane sostengono per l’energia – spiega Anna Rita Bramerini, direttore di Cna Grosseto – rappresentano da tempo un problema: da anni la nostra associazione denuncia il fatto che queste si trovano nelle fasce di consumo più basse, proprio dove si annidano i maggiori costi per unità energetica consumata, fino al quadruplo rispetto alle fasce più elevate. Con le nuove tariffe la situazione è diventata insostenibile e quindi occorre rivedere il concetto di ‘azienda ad alta intensità energetica’ e sostituirlo con quello di ‘aziende ad alta spesa energetica’“.
Secondo Cna, infatti, a fare da discrimine non dovrebbero essere i consumi di energia legati alla produzione, quanto l’impatto che questi hanno sui costi totali. “Perché solo un sistema di aiuti basato su questo indicatore consentirebbe di sostenere le imprese che sono energivore ‘in senso relativo‘”, precisa Bramerini. La diversa classificazione, per chiarire, renderebbe evidente come le aziende “strutturalmente energivore” non sono quelle normalmente classificate “ad alta intensità energetica” e quindi non si tratta solo di quelle produttrici, ad esempio, di acciaio, carta, cemento, vetro, ma anche quelle in cui il costo dell’energia pesa, appunto sul costo totale: tinto-lavanderie, piccoli produttori del comparto alimentare o servizi di riparazione, come le carrozzerie, per citarne alcune.
L’indagine di Cna conferma quello che tanti imprenditori denunciano: ovvero che i costi, nei primi 8 mesi del 2022, sono triplicati rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’incidenza dei costi energetici oscilla tra il 5 e il 15 per cento, in pratica il doppio rispetto al 2021.
“La situazione fotografata – continua Bramerini – è potenzialmente devastante: perché se nel 2021 le aziende a rischio chiusura per i costi dell’energia erano il 6,8 per cento di quelle intervistate, questa cifra oggi si aggira intorno al 13,6 per cento. Inoltre, il 21 per cento delle Pmi annuncia delle riduzioni importanti nella produzione e la maggior parte delle imprese vedrà una ridotta liquidità“.
A questo si aggiungono altre conseguenze che andranno ad incidere sulle famiglie: “I maggiori costi, a lungo andare, si trasleranno sui listini prezzi – puntualizza Bramerini -; molte aziende dovranno ricorrere agli ammortizzatori sociali, con una spesa per le casse dello Stato decisamente più alta; si ridurranno gli investimenti e la propensione imprenditoriale“.
Per evitarlo è possibile una serie di azioni da attuare subito: “Al price cap del prezzo del gas, che va posto a livello sovranazionale – conclude il direttore di Cna Grosseto – si possono affiancare altre risposte”.
Come il mantenimento e il rafforzamento dei crediti di imposta sui maggiori costi dell’elettricità e del gas, una rateizzazione accessibile su richiesta, un sostegno all’autoproduzione di energia. Misure che si dovrebbero affiancare, secondo Cna, a una riforma della bolletta, con l’estrazione almeno parziale degli oneri di sistema, del mercato elettrico e del gas per favorire meccanismi più efficaci di formazione del prezzo e garantire maggiore liquidità alle imprese, all’incentivazione delle forme di energia rinnovabili, valorizzando adeguatamente anche l’energia prodotta dai piccoli impianti e immessa nella rete.