«Per l’anno in corso – spiega lo Spi Cgil di Grosseto – ai pensionati non spetterà alcuna perequazione, quindi niente arretrati. Mentre nel 2022 i Ministeri dell’economia e del lavoro hanno stabilito che le pensioni avranno una rivalutazione dell’1,6% per il trimestre gennaio-marzo, cui da aprile seguirà una rivalutazione dell’1,7% per i mesi successivi, compresi gli arretrati maturati sui primi tre mesi. Salvo conguaglio di fine anno.
La seconda decisione dei due Ministeri riguarda il metodo di rivalutazione, con la reintroduzione del metodo a fasce che a suo tempo era stato frutto di un accordo tra sindacati e Governo Prodi. Per cui la rivalutazione sarà al 100% per gli importi fino a quattro volte il trattamento minimo (515,58 euro). Cioè a dire le pensioni con importo lordo fino a 2062,32 €/mese saranno rivalutate per il 100% dell’importo dell’1,7%.
Gli importi pensionistici tra 4 e 5 volte il trattamento minimo (da 2.062,32 a 2.577,90 euro) saranno invece rivalutate per il 90% del 1,7%. Mentre in terza fascia, importi oltre cinque volte il trattamento minimo (2.577,90), ci sono le pensioni che vedranno calcolata la rivalutazione dell’1,7% solo sul 75% del montante.
Facendo tre esempi: per una pensione di importo lordo di 1.200 euro la rivalutazione dell’1,7% comporta un aumento di 20.40 €/mese, che porta una pensione lorda mensile di 1220,40 euro.
Una pensione da 2.062 €/mese lordi rivalutata arriva a un importo di 2.097 €/mese lordi, con un incremento di 35 euro/mese.
Una pensione di 2.600 €/mese lordi, con una rivalutazione sul 75% dell’importo dell’1,7% comporta un incremento di 42,92 euro mensili.
Nel mese di febbraio, o marzo, saranno poi reintrodotte le trattenute per le addizionali Irpef comunali e regionali, che variano da Comune a Comune.
In questa analisi non abbiamo preso in considerazione le variazioni derivanti dalla modifica in fase di introduzione con la Legge di bilancio relative a fasce e percentuali delle aliquote Irpef. Variazioni che dovrebbero determinare un minor peso dell’Irpef sui redditi da circa 1.500 €/mese in su.
È quindi evidente – conclude lo Spi Cgil – che l’intero sistema di rivalutazioni e modifica delle fasce e aliquote Irpef ridisegnato dal Governo, finisce per premiare le pensioni con importi più alti rispetto a quelle con importi più bassi. finendo per penalizzare proprio quelle fasce di pensionati che avrebbero bisogna di vedere accresciuto il proprio potere di acquisto, soprattutto in considerazione del fatto che l’inflazione sta determinando un’ulteriore erosione dei redditi da pensione».