Quanto incide il superbonus del 110%, la misura varata dal Governo per favorire l’efficientamento energetico degli edifici, nell’andamento del mercato delle costruzioni e dell’edilizia? Se lo è chiesto il centro studi di Cna, conducendo un’indagine che, nel mese di settembre, ha coinvolto oltre 2mila imprese tra quelle associate.
L’80% delle imprese intervistate opera nel comparto delle costruzioni e dell’installazione degli impianti, mentre il resto del campione è composto dalle imprese del settore dei serramenti (il 9,9%), delle attività di consulenza e degli studi professionali (il 6,6%). Di queste l’88,6% sono micro imprese, ovvero lavorano con meno di dieci addetti e, di queste, il 9% ha tra uno e quattro addetti, mentre quasi un quinto (il 21,5%) non ha dipendenti né collaboratori.
“Si tratta di un campione – spiega Anna Rita Bramerini, direttore di Cna Grosseto – molto rappresentativo della filiera dell’edilizia che, anche sul nostro territorio, è caratterizzato dalla forte presenza di imprese artigiane, micro e piccole“.
L’iniziativa del superbonus è stata accolta favorevolmente da cittadini e imprese che, tra marzo e maggio, a seguito del lockdown, hanno conosciuto un calo del valore aggiunto del 26,6%. “Allo stesso tempo, però – aggiunge Bramerini –, gran parte delle aspettative sono state ad oggi disattese perché le procedure sono complesse e sono emersi non pochi elementi di criticità“.
Sono molti i preventivi di spesa richiesti dai potenziali clienti per vari interventi, ma alla richiesta non è sempre seguito un avvio dei lavori e questo ha determinato un ulteriore aggravamento della situazione, già critica, in cui versava il comparto dell’edilizia, il cui valore aggiunto, tra il 2006 ed il 2019, aveva accusato una perdita di quasi il 40%. Secondo l’indagine di Cna, infatti, nel 45,4% dei casi le imprese non hanno ricevuto risposta ai propri preventivi di spesa perché non tutti gli interventi richiesti dal committente possono essere coperti dall’agevolazione. Vi è poi un numero più ristretto di casi (che si aggira intorno al 13,4%) in cui la richiesta di informazioni non si traduce in un via dei lavori a causa di difformità catastali degli edifici.
I lavori più richiesti sono quelli per il cappotto termico (che interessa il 33,2% della potenziale clientela), seguito dal rifacimento degli impianti di riscaldamento e raffrescamento unifamiliari (il 21,6%) e dall’installazione dell’impianto fotovoltaico (11,7%), mentre riscuotono minore interesse gli interventi per ridurre il rischio sismico (1,6%). Gli interventi richiesti riguardano soprattutto abitazioni singole ed edifici unifamiliari (il 79,2%) e in misura molto minori i condomini (il 20,1%).
Le imprese che hanno mostrato più fiducia nel fatto che il superbonus possa rilanciare la filiera sono quelle più strutturate, con più di 10 dipendenti. Tra queste, maggior favore arriva dalle imprese delle costruzioni (con l’83,9%), mentre sono meno fiduciose quelle che operano nel comparto dei serramenti (78,5%) o dell’installazione di impianti (76,9%).
“L’indagine – spiega Anna Rita Bramerini – conferma quello che la nostra associazione ‘denuncia’ da tempo: le imprese sono consapevoli che il superbonus può dare nuovo impulso a un settore in sofferenza da anni, visto che il 74% del patrimonio edilizio è composto da edifici costruiti prima del 1974 che, quindi, necessitano di interventi di riqualificazione, ma allo stesso tempo i ritardi nell’attuazione della disciplina e la comunicazione che se n’è fatta hanno creato un’aspettativa che non trova corrispondenza nella realtà”.
Gli interventi da realizzare presentano una complessità tale per cui le imprese si stanno organizzando con collaborazioni con altri soggetti, come intermediari, ma anche altre imprese del settore. Questa complessità non riguarda tanto gli aspetti tecnici relativi agli interventi da realizzare, quanto la normativa che regola il superbonus e che ha portato Cna ad organizzare una serie di incontri su tutto il territorio per informare gli interessati.
L’84,9% degli intervistati dichiara che dovrà avvalersi di intermediari per affrontare al meglio le fasi di pianificazione amministrativa e finanziaria. Le difficoltà interpretative riguardano sia gli adempimenti richiesti, sia i passaggi cruciali della cessione del credito d’imposta e, soprattutto, lo sconto in fattura. Quest’ultimo è uno strumento non sostenibile per le imprese più piccole: tra le micro imprese meno di una su quattro si dice disponibile ad accettare una eventuale richiesta di questo tipo dai committenti.
“Il superbonus 110% sembra essere – conclude Bramerini – lo strumento adatto a generare una scossa nel settore, ma resta la necessità di semplificare la normativa e, visti i ritardi con cui la norma è entrata in vigore, è necessaria almeno una proroga di tre anni, visto che difficilmente i lavori potranno concludersi entro dicembre 2021. Anche per questo, la nostra associazione ha costituito un servizio di consulenza interno per aiutare le imprese a muoversi in questo ambito: speriamo così di contribuire effettivamente al rilancio del settore“.