«Il depotenziamento progressivo del Cemivet – sottolinea Claudio Renzetti, segretario provinciale della Cgil – è la metafora perfetta di quel che sta succedendo alla Maremma: al centro quadrupedi rimarranno i cavalli vecchi e malati, così come il nostro territorio si sta trasformando nel “buen retiro” dei pensionati benestanti. Dal quale i giovani emigrano silenziosamente, ma inesorabilmente.
In questi anni di crisi e trasformazione sociale in provincia di Grosseto il settore pubblico ha subito una contrazione vistosa, che non ha significato licenziamenti come in quello privato, ma ha comportato comunque una perdita secca di posti di lavoro. Con un impatto drammatico sul nostro sistema economico produttivo in considerazione della sua incidenza, di gran lunga superiore rispetto alla media regionale e nazionale.
Una perdita di occupazione che si riverbera sugli altri comparti produttivi, a partire dal commercio che soffre della crisi più vistosa: è inutile dire chiudono le botteghe, se non si analizzano le ragioni del perché ciò accade. Cosa a cui va sommato l’indotto diretto.
Guardando al settore pubblico, a Grosseto abbiamo circa 6.000 dipendenti che svolgono funzioni pubbliche. Col mancato rinnovo per 10 anni dei contratti, ogni lavoratore ha perso in media 4.000 euro per circa 24 milioni di euro dl minor Pil speso nel territorio. Riassumendo nel dettaglio tutto quello che come Cgil abbiamo combattuto ed osteggiato anche in termini di privatizzazioni negli enti locali: mancata copertura del turn over imposta per legge dai vari governi ed esternalizzazioni varie, hanno comportato 500 posti di lavoro in meno rispetto a 10 anni fa soltanto tra funzioni centrali, Stato, parastato e sanità.
Poi c’è tutta la partita legata alle scelte politiche sulle aree vaste con perdita di centralità del territorio in termini strategici: i futuri amministrativi in sanità o igiene ambientale ad esempio, verranno progressivamente assunti in maniera quasi esclusiva su Siena e Firenze e non più anche a Grosseto.
Ma il pezzo meno conosciuto e meno indagato è quello legato alla perdita progressiva di ruolo di Grosseto rispetto alle scelte del ministero della Difesa: tra Poggio Ballone, Ce.Mi.Vet, Savoia Cavalleria, Quarto stormo, ex deposito munizioni artiglieria e 64° deposito carburanti dell’aeronautica in 10 anni si sono volatilizzati più di 800 posti di lavoro fra i militari, la quasi totalità dei quali si sono dovuti trasferire altrove con le loro famiglie.
Infine il Ce.Mi.Vet. È dal 2014 che se ne parla, ma adesso pare esserci una certa ufficialità: la polpa delle attività del cavallo tradizionalmente svolte nel polo grossetano, saranno trasferite a Montelibretti vicino Roma, e non appare nemmeno troppo chiaro quali parti residuali rimarranno nel territorio. Difficile stimare i numeri in modo esatto, ma si ritiene che ci sarà una riduzione di almeno altri 50 militari. Di fatto un colpo di spugna su 148 anni di storia del Ce.Mi.Vet e del suo legame col mondo allevatoriale maremmano.
Viene il collegamento tra la ritirata del lavoro buono e contrattualizzato e l’avanzata dei “lavoretti”, coi quali però è sempre più difficile tirare avanti. E che in buona sostanza spingono i nostri figli ad andarsene a cercare fortuna in altre zone del Paese.
Al sindaco di Grosseto il dovere di sollecitare una soluzione che dia dignità anche al territorio Grossetano, ai nuovi eletti in Parlamento, soprattutto a chi è al Governo, la responsabilità di quello che sarà l’esito finale.
Noi come sempre staremo al merito della questione e solo a quello: apprezzamento pubblico in caso di risultato positivo, nessuna preclusione ideologica ma nessuno sconto».