«Speculando sulla miriade di gabelle a cui è assoggettata l’impresa, fantomatici “Albi, Repertori, Registri Internet e tanti altri ancora”, un giorno si e l’altro pure, la Rai emette avvisi di pagamento apparentemente corretti che si rivelano delle vere e proprie bufale», è quanto afferma Renzo Alessandri, direttore di Cna Grosseto.
Eppure lo stesso Governo aveva garantito tramite il sottosegretario Vari – l’8 marzo del 2012 rispondendo ad una interrogazione nell’aula del Senato – che il canone tv non era dovuto. “Massimo VARI, sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: confermando quanto già detto in precedenza, ribadisce che sono tenuti al pagamento del canone RAI solo i proprietari di apparecchi dotati di sintonizzatore utile alla ricezione di programmi su piattaforma terrestre o satellitare; è pertanto escluso il pagamento del canone nel caso di apparecchi collegati ad Internet che ricevono servizi di web radio o di web tv, che utilizzano portanti fisiche diverse. Il Governo è impegnato in azioni di chiarimento definitivo della questione nei confronti della RAI e dell’Agenzia delle entrate, al cui direttore è stata recentemente inviata una dettagliata comunicazione in merito”.
«Trascorso un po’ di tempo, però, si ricomincia daccapo – prosegue Alessandri-. Una lettera di sollecito dal tono ultimativo, farcita da generico richiamo alla dichiarazione dei redditi a cui il pagamento dei 203,70 euro di canone sembra venir collegato, ha raggiunto di nuovo migliaia di aziende.
In barba alle rassicurazioni, agli impegni e alle smentire la Rai torna alla carica con una richiesta che, ancora una volta, non prende a riferimento le imprese che dispongono di supporti per la ricezione del segnale televisivo e li utilizzano ai fini commerciali ma si rivolge alla totalità delle aziende: comprese quelle che utilizzano il computer ai soli fini contabili, per la gestione degli ordini e soprattutto della posta elettronica certificata che, come tale, necessita di un collegamento internet.
Strumenti di lavoro quindi e non certo di svago vengono assimilati alla TV solo perché potenzialmente sono in grado di ricevere in streaming il segnale televisivo.
Con la sola motivazione di far cassa, quindi, ci si rivolge, senza fare distinzione alcuna, ad aziende già costrette a fare i conti con la crisi, a misurarsi con “ingorghi fiscali” indescrivibili e a sostenere un prelievo fiscale senza precedenti.
Tutto ciò premesso e nel far presente che la RAI potrà effettuare i dovuti controlli, si invitano tutti coloro che pur detenendo apparecchi televisivi non li utilizzano a fini commerciali a non pagare verificando attentamente la propria posizione.
Coloro invece che pur avendo ricevuto il sollecito non detengono nella propria sede alcun apparecchio televisivo, sono invitati a comunicarlo tramite la cartolina ricevuta insieme al bollettino di versamento – utilizzando lo spazio appositamente destinato alle comunicazioni – riportandovi la dicitura “dichiaro di non detenere alcun apparecchio televisivo presso la sede della mia azienda (studio, laboratorio, negozio)”».
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