E se domani, d’improvviso, non esistessero più gli artigiani? Una macchina guasta resterebbe ferma, una signora che volesse tagliarsi i capelli sarebbe costretta a farlo da sola, un pc bloccato non potrebbe essere riutilizzato e non resterebbe che buttarlo via. Eppure, purtroppo, il settore artigiano non vede riconosciuto il suo ruolo, così fondamentale per la vita di tutti i giorni, specialmente dalla pubblica amministrazione che ogni anno aumenta le difficoltà per il settore con tasse e burocrazia.
Per rendere conto dell’importanza delle proprie imprese Confartigianato ha promosso una ricerca sulla quantità di aziende presenti in ogni provincia italiana: i numeri parlano chiaro sul valore aggiunto dell’artigiano.
«L’immagine della campagna pubblicitaria — dichiara Filippo Borracelli di New Studio, grafico pubblicitario — nasce dalla volontà di Confartigianato Grosseto di porre attenzione su una situazione di disagio e di crisi nel mondo dell’artigianato. L’immagine elaborata mette in evidenza le conseguenze che dovremmo sopportare se il mondo artigianale scomparisse. Una rappresentazione volutamente non catastrofica, ma che si pone l’obiettivo di far riflettere: oggetti indispensabili di largo consumo potrebbero scomparire, lasciando solo un ricordo o un’idea di come fossero. L’immagine si articola in due soggetti: il primo è l’artigiano, in primo piano sfocato, che lascia una scena in cui non è più il protagonista principale; il secondo soggetto è la rappresentazione di una persona comune che svolge un’azione interagendo con un disegno, con qualcosa che non esiste».
Ecco i numeri della ricerca. Se domattina, d’improvviso, la provincia di Grosseto si svegliasse senza i suoi 6.034 imprenditori artigiani che cosa accadrebbe? L’impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza contenuto: il 2,7% in meno. Ma gli effetti sarebbero pari a quelli di uno tsunami sull’economia e sul benessere di cittadini e famiglie. Il valore aggiunto diminuirebbe di 756 milioni di euro (-15,1%) e il made in Grosseto perderebbe un apporto di 35 milioni di euro. Considerando senza lavoro i 5.600 dipendenti dell’artigianato, il numero di disoccupati aumenterebbe del 73,8% e il tasso di disoccupazione passerebbe dal 7,4% al 13,7% aumentando di 6,3 punti. Niente artigiani dell’edilizia e dell’installazione di impianti per la manutenzione di 97.586 abitazioni, inattivi 2.106 impianti fotovoltaici e 61 impianti eolici nella regione. Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi ed uffici rimarrebbero 1,4 milioni di tonnellate di merci che non verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto. Niente auto-riparatori artigiani a cui rivolgersi per riparazioni e assistenza per le 82.900 famiglie che possiedono almeno un’auto e, nel complesso, un parco di 143.478 veicoli circolanti. Ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli, autovetture ed autobus fermi per strada. Le 100.100 famiglie che possiedono una lavatrice e le 63.100 che possiedono un lettore dvd resterebbero senza artigiani riparatori di elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti. Sarebbero senza assistenza tecnica anche le 26.200 famiglie che possiedono condizionatori e climatizzatori, mentre 63.000 famiglie non troverebbero più le botteghe aperte per la riparazione delle biciclette e la sostituzione di pezzi di ricambio. Altre 60.300 famiglie che hanno un computer non potrebbero più ricevere assistenza, così come le 34.500 che possiedono un’antenna parabolica e le 78.100 che hanno il decoder del digitale terrestre, per la mancanza degli installatori artigiani di antenne. Niente classico abito nuziale, realizzato in una sartoria artigiana, per 1.544 sposi; nessun fotografo professionista alla cerimonia e banchetto senza la torta confezionata da una pasticceria artigiana specializzata. Un disastro della qualità per 102.800 grossetani che mangiano dolci almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane. Per 64.800 cittadini che non pranzano in casa nessun panificio o rosticceria con prodotti artigianali. Per 214.948 persone, dopo la sparizione degli artigiani, sarà ancora possibile vestirsi, arredare la casa e fare un regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad esempio negli articoli di abbigliamento, pelle e pellicce, nei prodotti in legno e nei mobili, nell’oreficeria, nel vetro e nella ceramica. Sarebbero 102.411 le donne con più di 15 anni che non troverebbero acconciatori ed estetisti. Considerando come potenziali visitatori di beni culturali nella provincia i residenti e i turisti, sarebbero 1.268.453 le persone che non potrebbero apprezzare alcun restauro di monumenti e opere d’arte in 550 musei, aree archeologiche, chiese, palazzi storici e giardini, sia pubblici che privati, regionali. Una debacle anche per il turismo: i 1.047.471 turisti non potrebbero utilizzare i servizi erogati dalle imprese artigiane indispensabili per il soggiorno né accedere alla qualità dei prodotti dell’artigianato. Questa storia che abbiamo inventato potrebbe, in fondo, avere un lieto fine.
Gli artigiani insegnano un lavoro: la formazione sul campo fatta ai neoassunti vale 9 milioni di euro all’anno, pari all’1,16% del valore aggiunto prodotto dall’artigianato del territorio. Da questa «semina quotidiana» svolta nelle aziende, l’artigianato potrebbe risorgere grazie ai 5.600 dipendenti delle imprese del settore che diventerebbero a loro volta imprenditori, sempre che la burocrazia e la documentata scarsa efficienza dei servizi della pubblica amministrazione non uccida questo rinascimento: tra 34 Paesi avanzati, infatti, l’Italia è al 31° posto per contesto favorevole a fare impresa secondo la graduatoria della Banca mondiale Doing Business 2014. Tra tutte le 189 nazioni nel mondo l’Italia si posiziona al 65° posto e all’8° posto per entrate fiscali sul Pil, mentre saliamo al 7° posto per spesa pubblica sul Pil e, addirittura, primeggiamo collocandoci al 3° posto per crescita delle entrate fiscali tra il 2005 e il 2013.