Il rapporto tra banche e imprese al centro dell’iniziativa, promossa da Cna Grosseto e da Toscana consulting (società di consulenza bancaria), che si mercoledì 16 aprile, alle 17, nella sala conferenze della Cna.
«Non sono tutte le banche a sommare interessi esorbitanti a commissioni da “capogiro” e a valicare, in alcuni casi, la soglia del tasso usura. A volte però succede: anche in ambito locale – commenta Renzo Alessandri, direttore di Cna Grosseto- . Non dimentichiamo che il primo aprile di quest’anno proprio le cronache locali hanno riportato il caso di quattro istituti di credito condannati a restituire ad un correntista somme ingenti. Sulla base di queste premesse, in un momento difficile come quello che stiamo vivendo, le imprese devono essere messe in condizione di difendersi: monitorando gli estratti conto bancari, individuando le possibile anomalie e, dove possibile, recuperando il “mal tolto”. Il rapporto con il mondo del credito infatti, oggi più che mai, si configura come il “nervo scoperto” delle imprese. La stretta creditizia che ha colpito il sistema imprenditoriale negli ultimi anni si è sovrapposta alla più grande crisi dell’economia “reale” dal dopo-guerra ad oggi.Il combinato di questi due fattori ha formato un mix micidiale per la piccola impresa in generale e per l’artigianato in particolare; un combinato che ne ha penalizzato la crescita e ne ha messo in discussione la stessa sopravvivenza».
La situazione in atto è stata monitorata da un’indagine condotta da Cna Toscana, rivolta ad un campione rappresentativo dei principali settori economici (manifatturiero, costruzioni e servizi) e operante nell’intero territorio regionale.
La base imprenditoriale selezionata come campione era costituita da soggetti nel pieno della propria vita imprenditoriale (tra i 40 e i 50 anni d’età) aveva al suo interno una quota significativa di donne (40%) e deteneva un titolo di studio elevato (il 57% con diploma ed il 26% con laurea o titolo superiore).
I risultati dell’indagine
Il rapporto delle piccole imprese con le banche si è confermato dirimente per la maggior parte degli intervistati.
Negli ultimi 5 anni, il 79% del campione si è rivolto alle banche chiedendo affidamenti per gestire la mancanza di liquidità nel breve periodo, per realizzare investimenti, per processi di riorganizzazione aziendale a medio-lungo termine.
Allo stesso tempo, però:
– l’83% delle imprese del campione ha avvertito una riduzione del flusso di credito dalle banche negli ultimi cinque anni;
– secondo la metà del campione (precisamente il 52%) tale riduzione del credito è stata superiore al 25%;
– il 40% delle imprese che ha fatto domanda di finanziamento ha trovato difficoltà nel veder accolta la propria richiesta. Queste difficoltà hanno indotto “fragilità” nel sistema e lo hanno posto a rischio (sul breve e sul medio-lungo periodo).
«I risultati dell’indagine e il sentiment descritto trovano piena conferma in sede locale e collocano l’accesso al credito tra i principali problemi delle imprese, soprattutto delle più piccole – aggiunge Alessandri– . Tali difficoltà, se non rimosse, possono compromettere la sostenibilità dell’impresa: anche di quella più solida e non esposta ad insolvenze. La mancanza di finanziamenti può infatti tradursi nell’impossibilità di investire sull’azienda, di apportare innovazione di prodotto e di processo, di investire sulla mano d’opera più qualificata. Il rapporto tra banca e imprese propone una duplice criticità: le difficoltà di accesso al credito e le condizioni praticate. In ambedue i casi, le imprese devono imparare a “difendersi” e a tutelarsi, non esponendosi eccessivamente sul piano delle garanzie, nel primo caso, monitorando le condizioni praticate e denunciando le eventuali condizioni vessatorie verificate nel secondo».