Si inaugura venerdì 24 gennaio, a partire dalle 18, al Circolo Arci Khorakhanè di via Ugo Bassi a Grosseto, la mostra fotografica “Balkan Express” di Maurizio Lipparini sui Paesi balcanici.
La mostra è composta da 24 fotografie, stampate da diapositive ektachrom, ed è divisa in due parti: la prima è dedicata alla Bosnia-Erzegovina, con scatti che mostrano i personaggi del luogo, gente dei villaggi e delle città, contadini; la seconda alla Macedonia, dove l’autore è andato alla ricerca degli ultimi villaggi abitati dagli albanesi e dove sopravvive una antica cultura rurale.
L’autore ha viaggiato a lungo in Bosnia nell’immediato dopoguerra, fra il 1999 e il 2004, realizzando reportage e ricerche sul campo, soprattutto sulla distruzione del patrimonio storico e architettonico, “ma le foto di questa mostra – dice Lipparini – sono dedicate a documentare l’umanità che presenta questa terra bellissima e sfortunata“.
Forse la tensione fra identità e differenziazione, nella storia dell’umanità, non è mai sopita. Già gli antichi greci, e poi i romani, indicavano gli stranieri, tutti gli stranieri, con l’appellativo di “barbari”, termine che ancor oggi mantiene un carattere spregiativo. E la storia dell’umanità è fatta di guerre, più o meno sanguinose, motivate da supposti motivi razziali, spesso utilizzati per coprire interessi economici e mire di conquista. Ma raramente, nella storia, guerre così devastanti come quella della Bosnia si sono verificate. Sicuramente hanno giocato un ruolo importante le motivazioni economiche, ma anche gli interessi e le ambizioni dei leader politici coinvolti, anche la contrapposizione, spesso frontale, fa differenti identità etniche e orientamento religioso.
Ogni città e ogni villaggio della Bosnia, come testimonia Maurizio Lipparini, sono stati letteralmente rasi al suolo, durante la guerra civile che ha visto contrapporsi frontalmente musulmani e ortodossi, fasce urbane e popolazioni rurali e montane, entità politiche e religiose. Ogni edificio, negli anni in cui l’autore delle fotografie ha visitato il Paese, era classificabile da “fortemente danneggiato” a “raso al suolo”, mai di meno. Senza parlare delle violenze fisiche sulle persone, dell’espulsione oltre confine, dell’internamento nei campi di concentramento.
È un reportage, quello di Maurizio Lipparini, che non può non stimolare una riflessione sui danni della guerra, delle guerre tutte, ma particolarmente quando si tratta del coinvolgimento delle popolazioni civili, spinte le une verso le altre da politici senza scrupoli e assassini.