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“Fare un’anima”: il monologo di Giacomo Poretti conclude la Settimana della Bellezza

di Redazione
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Sarà il teatro a concludere la terza edizione della “Settimana della Bellezza”, l’evento di fede e cultura organizzato dalla diocesi di Grosseto e da Fondazione Crocevia con la collaborazione del quotidiano “Avvenire”; del suo mensile “Luoghi dell’Infinito”, della Fondazione Crocevia e della Fondazione Polo Universitario Grossetano, con la coorganizzazione del Comune di Grosseto e la preziosa collaborazione di Fondazione Grosseto Cultura con Clarisse Arte e del Museo archeologico e d’arte sacra della Maremma.

Main sponsor: Fondazione Bertarelli, Banca di Credito Cooperativo di Castagneto Carducci, Fondazione Giovanni PaoloII.

Sul palco degli Industri (ingresso gratuito, ma riservato a coloro che hanno ritirato il biglietto), domenica 28 ottobre, alle 21, salirà Giacomo Poretti, artista poliedrico il cui volto è noto al grande pubblico per la sua comicità e ironia intelligente e graffiante insieme ai colleghi Aldo e Giovanni, con i quali compone il popolare trio.

Alla “Settimana della Bellezza” Giacomo Poretti porterà il monologo “Fare un’anima” da lui scritto con la collaborazione di Luca Doninelli, le musiche di Ferdinando Baroffio, le scene di Ilaria Ariemme, per la regia di Andrea Chiodi.

Questo monologo raccoglie divagazioni e provocazioni su un organo che i moderni manuali di anatomia non contemplano, ma di cui da millenni gli uomini di ogni latitudine hanno parlato: quando si sviluppa l’anima in un essere vivente? Esiste realmente o è solo una chimera, un desiderio? Oppure è così infinitesimale che non la si vede nemmeno con il più grande scompositore di particelle? E alla fine, anche se la scovassimo, l’anima a che serve? Cosa ce ne facciamo? O meglio, cosa vorrebbe farne lei di noi?

Il progetto di questo monologo – spiega Giacomomi frulla in testa da quando è nato mio figlio Emanuele. In quell’occasione venne a trovarci in ospedale un anziano sacerdote che mia moglie ed io conoscevamo bene. Si complimentò con noi e ci disse: bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima. Questa frase mi è rimasta dentro per molto tempo, si è sedimentata finché non mi sono deciso ad affrontare la questione, un compito certo non facile.

Per affrontarla ho usato il linguaggio dell’umorismo e dell’ironia e mi sono posto un sacco di domande. Come nasce l’anima? Spunta coi dentini da latte? O dopo? Quanto incide una corretta alimentazione a farla crescere? E, nel caso, sarebbe meglio una dieta iperproteica o senza glutine, oppure povera di sodio? Ma l’anima esiste davvero o è una nostra invenzione? E ancora: è una parola da mandare in pensione o i tempi complicati che stiamo attraversando la rendono più che mai ineludibile? Fermo restando che ognuno può declinarla dandole il significato che meglio crede: impegno, senso morale, militanza civile o altro.

Anima è una parola che rischia l’estinzione, a fianco dei vocaboli moderni, più chiassosi e sguaiati. E’ una parola strana, misteriosa e sconosciuta, ma dal suono gentile e impalpabile, leggera come un soffio, costretta alla solitudine, un po’ come i bambini che non sanno giocare a calcio e per questo sono destinati a restare seduti sul bordo del campo a vedere gli altri rincorrersi e divertirsi“.

E poi – prosegue Giacomoa pensarci bene a cosa serve un’anima? Nessuno ti chiede di esibirla: quando ti fermano i carabinieri si accontentano di patente e libretto, se fai acquisti su internet bastano carta di credito e mail. L’anima sembra la cosa più antimoderna che possa esistere, più antica del treno a vapore, più vecchia del televisore a tubo catodico, più demodè delle pattine da mettere in un salotto con la cera al pavimento; lontana come una foto in bianco e nero, bizzarra come un ventaglio, eccentrica come uno smoking e inutile come un papillon. A un certo punto rischia di farti tenerezza quella parola lì. Forse una parola per stare in vita de-ve essere frequentata, deve essere scritta, deve essere detta; le parole sono come le persone hanno bisogno di cure, di qualcuno che le vada a trovare, le parole devono stare in compagnia, se non si parlano le parole vengono dimenticate e scompaiono”.

Biografia di Poretti

Giacomo Poretti, (Busto Garolfo, 26 aprile 1956) consegue svariati diplomi e pratica diversi mestieri. Nel 1984 decide che la sua strada è il teatro e si iscrive all’accademia teatrale di Busto Arsizio nella quale incontra Marina Massironi, compagna di scene nel duo “Hänsel e Strudel”, che li vedrà girare per locali e villaggi turistici fino al 1989.

Nel 1991 avviene l’incontro di Giacomo con Aldo e Giovanni: li accomuna una visione vivace e semplice della comicità, fatta di un equilibrato ed efficace connubio tra l’immediatezza della battuta verbale e l’abilità mimica.

Se le celebri partecipazioni nei programmi Tv rendono noto il trio al grande pubblico – ricordiamo “Su la testa” (ideato e condotto da Paolo Rossi su Rai 3), “Cielito lindo” (Rai 3), “Mai dire gol” e “Mai dire domenica” (Italia1) – Aldo , Giovanni e Giacomo si dedicano con straordinario successo al teatro, guidati dalla regia di Arturo Brachetti e portano in scena “I Corti” (1996), “Tel chi el Telun” (1999), “Anplagghed” (2006), “Ammutta Muddica” (2012) fino al “The best of Aldo, Giovanni e Giacomo” con il quale festeggiano i 25 anni di carriera nel 2016.

Giacomo, insieme ad Aldo e Giovanni, è protagonista e, nella maggior parte dei casi anche regista, di 10 film campioni di incassi: “Tre uomini e una gamba” (1997), “Così è la vita – Una storia vera” (1998), “Chiedimi se sono felice” (2000), “La leggenda di Al, John e Jack” (2002), “Tu la conosci Claudia?” (2000), “Anplagghed al cinema” (2006), “Il cosmo sul comò”, (2008), “La banda dei Babbi Natale” (2010), “Il ricco, il povero e il maggiordomo” (2014), “Fuga da Reuma Park” (2016).

Giacomo è autore di due best seller editi da Mondadori: “Alto come un vaso di gerani” (2012) e “Al paradiso è meglio credere” (2015). Insieme ad Aldo e Giovanni scrive “Tre uomini e una vita. La nostra (vera) storia raccontata per la prima volta” (Mondadori, 2016) a cura di Michele Brambilla. E’ stato editorialista de La Stampa dal 2012 al 2016 e scrive attualmente per Avvenire e per il Corriere della Sera.

Nel 2018 torna in teatro con “Fare un’anima”, un monologo scritto e interpretato da Giacomo, con la regia di Andrea Chiodi.

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