Questa mattina, come evento di chiusura della mostra “Forever never comes. Metabolismo del tempo”, a cura di Lapo Simeoni, è stato presentato nel Museo archeologico e d’arte della Maremma il catalogo della mostra, che ha visto 44 artisti contemporanei esporre le loro opere nell’area archeologica di Roselle (dal 26 agosto al 26 ottobre) e nel Museo archeologico e d’arte della Maremma (dal 26 agosto al 26 gennaio 2018).
Lapo Simeoni da anni immaginava di realizzare a Grosseto una mostra che mettesse in relazione l’antico, così presente in Maremma con città morte, ruderi e monumenti, con il contemporaneo. Si potrebbe dire, con altre parole, che le sue radici, insieme con il suo essere artista, lo spingevano con forza in questa direzione. Ed è da questa accoppiata che nasce l’originalità della mostra e la riuscita dell’esperimento, per altro certificata dall’aumento dei visitatori rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Il progetto si è sviluppato rispettando il legame con il territorio, o proprio a partire da quel legame: per giorni gli artisti invitati hanno perlustrato il percorso museale al fine di individuare uno spunto estetico, formale o di contenuto che fosse all’origine di una nuova opera, pensata per questa specifica occasione espositiva, o che trovasse pieno contatto con opere già in essere. E’ questo il caso dello straordinario video “Dove il cielo è più vicino” (“Il diavolo mietitore”) di Moira Ricci, un’artista, come Lapo, di origini maremmane che del territorio ha dato visioni inedite attraverso opere di grande impatto, quali quelle della mostra “Da buio a buio” che il museo ha già ospitato nel 2015 nel corso della rassegna ‘Città visibile’. La caratteristica delle opere di essere state in gran parte realizzate per l’occasione spiega anche i tempi di edizione del catalogo che è stato preparato a mostra aperta, quando tutte le opere erano in mostra.
Ma fin dall’inizio la forza del progetto si è espressa anche nel rapporto con il concetto di tempo: Lapo Simeoni sostiene in questa mostra che tutto quello che ci circonda è in fondo contemporaneo, se l’unico tempo che possiamo vivere è il presente. Ma si potrebbe aggiungere che il massimo luogo della contemporaneità è proprio il museo, dove si concentrano in un unico punto, nel tempo e nello spazio, le storie più varie: storie di oggetti, storie del loro ritrovamento, storie degli uomini e delle donne che quegli oggetti hanno prodotto, usato e buttato; storie dei luoghi dove la vita di uomini e cose si è svolta; ma anche storie del museo stesso, delle sue collezioni, della collettività che nel museo ha espresso la sua identità, delle persone che lo hanno voluto, pensato, costruito e allestito.
La possibilità di esporre “Dare tempo al tempo” di Alighiero Boetti nel percorso, unico artista ‘del passato’ presente, riassume poeticamente questo concetto. Particolare apprezzamento fra i visitatori del Museo ha avuto “Technological Mandala #98” di Leonardo Ulian in cui componenti elettronici, microchip e fili di rame disegnano intricati circuiti geometrici, composti con estrema attenzione alla simmetria e al colore. Il richiamo allo stesso tempo al mondo della tecnologia e alla spiritualità buddista nell’opera di Ulian è uscito rafforzato dall’accostamento con gli oggetti dell’Età del Ferro esposti nella stessa sala, caratterizzati da decorazioni pressoché esclusivamente geometriche, incise o dipinte. Ma molte altre opere hanno creato cortocircuiti contenutistici, estetici o formali particolarmente coinvolgenti con i reperti archeologici e anche, va ricordato, con le opere d’arte sacra del Museo diocesano.
La mostra ha offerto in conclusione una molteplicità di percorsi e di letture possibili, tenuti insieme da un progetto che è stato elaborato ‘su misura’, nel rispetto del passato, e che non avrebbe potuto essere realizzato che nel museo e nel parco archeologico di Roselle. E’ per questo che la mostra “Forever never comes” va giudicata un esperimento riuscito e una scommessa vinta. L’eredità che la mostra ci lascia è un museo che non teme le sollecitazioni contemporanee, e un pubblico nuovo e diverso che sarà importante far tornare.
Sono queste le motivazioni che hanno portato l’amministrazione comunale a credere nel progetto fino alla sua ultima espressione: “Forever never comes” è stata la mostra evento del 2017, fortemente voluta dal sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna e dal vicesindaco e assessore alla cultura Luca Agresti con una formula del tutto particolare perché, per la prima volta nella storia dell’Ente, un progetto culturale è riuscito ad unire le due realtà archeologiche più importanti del nostro territorio. Il catalogo, che resterà a documentare nel tempo questa straordinaria occasione culturale e che sarà certamente apprezzato da tutti coloro che hanno visto nella mostra un valore aggiunto e un’esperienza positiva.