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Cinghiale in umido alla maremmana

La ricetta tradizionale per la tavola più attesa dell'anno

di Giorgia Carantonis
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Il cinghiale è riconosciuto come simbolo della cucina maremmana.

Di particolare importanza nell’area per ragioni culturali, ambientali ed economiche, questo animale selvatico è da sempre impiegato nella cucina del territorio per la preparazione di salumi locali, primi piatti (deliziosi come sostanziosi) e secondi della tradizione.

Con l’Immacolata Concezione che apre le festività di dicembre, è tempo quindi di grandi preparazioni e lunghe cotture volte a predisporre la tavola più attesa dell’anno, quella del Santo Natale.

L’animale è a presidio del territorio da moltissimi anni: con il passare del tempo, la razza si è gradualmente evoluta attraverso incroci e contaminazioni così come sono cambiate le abitudini alimentari dei più affezionati consumatori.

Il cinghiale viene oggi proposto con grande orgoglio nei menù dei ristoranti e delle trattorie della zona con ricette perlopiù domestiche e tradizionali, ma sempre più spesso è possibile degustarlo in chiave moderna e innovativa da Chef che ne valorizzano la polpa ed il sapore abbinandolo ad ingredienti non convenzionali.

La carne ha oggi una consistenza abbastanza morbida rispetto al passato ed un sapore più tenue, nonostante questo il tocco selvatico risulta riconoscibile quindi è fondamentale prepararlo alla lavorazione attraverso un’adeguata marinatura realizzata con del vino rosso locale, aromi e odori di ogni tipo e attraverso una lunga, lunghissima cottura.

La ricetta del cinghiale alla maremmana, una sorta di stufato, è spesso servita nel periodo natalizio come conclusione delle portate principali.

La ricetta

Ingredienti (per 4 persone)

  • 1 chilo di polpa di cinghiale

Per la marinatura

  • 1 l vino rosso locale a base di uva sangiovese (non invecchiato)
  • 5 spicchi di aglio
  • 1 mazzetto di salvia
  • 1 mazzetto di rosmarino
  • 5 foglie di alloro
  • 2 coste di sedano
  • 2 carote
  • 3 chiodi di garofano
  • 5 bacche di ginepro
  • 1 cipolla rossa di medie dimensioni
  • q.b. sale e pepe

Per la cottura

  • 1 cipolla bianca
  • 2 spicchi di aglio
  • 1 carota
  • 1 costa di sedano
  • q.b. salvia, rosmarino e alloro
  • 1 rondella di peperoncino
  • 400 grammi di pomodori pelati
  • q.b. concentrato di pomodoro
  • q.b. olio evo
  • q.b. sale e pepe
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • q.b. acqua calda

Preparazione (la preparazione prevede una notte di marinatura)

Per prima cosa, preparare la marinatura. In una pentola profonda disporre la polpa di cinghiale (precedentemente pulito e tagliato in cubetti della dimensione che si preferisce). Unire il vino e tutti gli ingredienti sopra riportati (verdure, odori e bacche) tagliati in quattro parti. Coprire con pellicola, riporre in frigorifero e lasciar marinare per tutta la notte.

Il giorno successivo eliminare la marinatura. Una volta che la carne sarà di nuovo libera, metterla in una pentola capiente per iniziare la cottura. E’ necessario adesso che dalla carne venga eliminato ulteriormente del liquido che altrimenti finirebbe per dare un tocco eccessivamente selvatico alla preparazione. Accendere quindi la fiamma (senza olio né altro) e lasciare andare la carne fino a che non avrà prodotto liquido in eccesso da eliminare per almeno 3 volte di seguito (circa 15 minuti di cottura).

Eseguita questa operazione, è tempo di preparare il soffritto. Versare un giro abbondante di olio evo sopra la carne con un trito di carota, sedano, cipolla, aglio, peperoncino. Aggiustare di sale e pepe. Lasciare rosolare. Dopo circa altri 20 minuti unire un consistente mazzetto legato di rosmarino, salvia e alloro. Sfumare con un bicchiere di vino rosso, meglio se locale e di discreta qualità. Lasciare evaporare l’alcol. Aggiungere il barattolo di pomodori pelati e due cucchiai di concentrato. Coprire con dell’acqua calda, abbassare la fiamma al minimo e fare cuocere per circa 3-4 ore.

Ogni 30 minuti controllare che la parte liquida non sia del tutto evaporata e che rimanga sempre al livello della carne, quindi, se necessario, effettuare nuovamente il procedimento di aggiunta di acqua finché la consistenza finale del piatto a cottura ultimata non risulti di vostro gradimento.

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