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CineVisioni: la recensione di Ted Bundy – Fascino criminale

di Luca Ceccarelli
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In programmazione a Grosseto – The Space Cinema

Ted Bundy – Fascino criminale nasce da una storia vera.

Liz (Lily Collins) sta iniziando un nuovo capitolo nella sua vita. È una giovane mamma single che cresce da sola sua figlia. Su insistenza della sua migliore amica Joanna (Angela Sarafyan), le due escono una sera in giro per la città. Desiderosa di trovare alla sua amica un nuovo fidanzato, Joanna vede il bel Ted (Zac Efron) in piedi al bar. Sembra che abbia occhi solo per Liz, nonostante ogni donna nella stanza stia provando ad attirare la sua attenzione.

La cauta e timida Liz si concede per un ballo e ne rimane completamente catturata. Più conosce Ted, più si innamora perdutamente. È intelligente, affettuoso, attento e gentile con sua figlia. I due diventano il ritratto della felicità.  Una notte, mentre Ted è fuori città, viene arrestato e accusato di rapimento e aggressione nei confronti di una giovane studentessa universitaria. Assicura Liz che si tratta di un errore, ma subito dopo viene accusato del macabro omicidio di un’altra giovane donna, poi un altro, e un altro ancora. Qualcosa non è chiaro. Chi è davvero questo Ted Bundy che Liz crede il suo amorevole fidanzato?

Ted Bundy – Fascino criminale è tratto dal libro di Elizabeth “Liz” Kendall e diretto dal regista documentarista Joe Berlinger, che firma anche un documentario su Ted Bundy disponibile su Netflix. Nei panni del protagonista troviamo Zac Efron, che ha dimostrato di essere uno dei talenti più ricercati di Hollywood con un numero impressionante di lavori, che comprendono film per il cinema e la televisione. Insieme a lui, nei panni di Liz, Lily Collins, una delle giovani artiste più in vista di Hollywood: attrice, autrice e filantropa nominata ai Golden Globe. Presenti inoltre John Malkovich nei panni del Giudice Cowart e Jim Parsons (lo Sheldon di Big Bang Theory) in quelli di Larry Simpson.

Il processo di Bundy è stato il primo processo televisivo nazionale nella storia americana e ha trasformato Bundy in un fenomeno mediatico. Oltre ai media nazionali, c’erano media presenti da tutti i 50 stati e 9 paesi stranieri. Questo avveniva prima dei canali di News h24 e dell’esplosione delle stazioni via cavo che conosciamo oggi. La raccolta di notizie elettroniche e la tecnologia satellitare erano agli inizi, il loro banco di prova è stato proprio il processo di Bundy a Miami. Dieci anni dopo, l’esecuzione di Bundy era coperta dal vivo e guardata da milioni di persone, con uno dei primi usi dei camion satellitari mobili. Bundy ha trasformato l’omicidio seriale in uno spettacolo televisivo nazionale.

Il tema centrale del film è la verità. E’ intorno a essa che girano le vite dei protagonisti ed è incredibile come Bundy risulti “normale”, quasi rassicurante a tutte le persone che lo circondano. “Verità” fa spesso coppia con “manipolazione” e questa non è un’eccezione. Ovviamente il taglio è documentaristico e, visto che i fatti vengono raccontati dal punto di vista della fidanzata, non ci sono grandi concessioni alla violenza, rendendo il lavoro maggiormente introspettivo. Tecnicamente non ci sono guizzi, ma tutto è messo a servizio della narrazione.

E’ nel succitato dualismo verità-manipolazione che sta il vero sale di Ted Bundy – Fascino criminale. Si tratta di un lavoro interessante per come va a cercare e sviluppare questa incredibile opera di ingegneria sociale. Come lo stesso Bundy dice alla fine del film: “Gli assassini non escono nell’oscurità con denti aguzzi e la saliva che gocciola dal loro mento. Le persone non si rendono conto che tra loro ci sono degli assassini. Le persone che amavano e che ammiravano il giorno dopo potevano trasformarsi nelle persone più demoniache immaginabili”. Questa è la vera natura del male: difficile da spiegare, spesso molto banale e di solito molto contraddittoria.

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