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CineVisioni: la recensione di Tre manifesti a Ebbing, Missouri

di Luca Ceccarelli
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In programmazione a Grosseto – Aurelia Antica Multisala

Ebbing, Missouri. Mildred Hayes è una madre divorziata e con un figlio a carico, Robbie. A circa un anno dalla morte dell’altra sua figlia, Angela, violentata e bruciata viva, si accorge che sulla strada che porta alla sua casa vi sono tre cartelloni pubblicitari in disuso. Decide di affittarli dall’agente pubblicitario Red Welby e vi fa affiggere sopra tre frasi: “Stuprata mentre stava morendo”, “E ancora nessun arresto”, “Come mai, sceriffo Willoughby?”. I suoi concittadini hanno sempre compatito la situazione di Mildred, ma di fronte a quest’accusa esplicita in molti si ergono in difesa dello sceriffo Bill Willoughby, membro stimatissimo e irreprensibile della comunità che tra l’altro, stando alle voci, soffrirebbe di un cancro in fase terminale. Fra questi vi è Jason, un giovane poliziotto con problemi di violenza e di alcolismo, che vede in Bill una sorta di mentore.

E così Mildred e Robbie – il quale non condivide l’iniziativa della madre – diventano il bersaglio di piccoli soprusi e minacce, che si aggravano ulteriormente dopo che la donna viene intervistata nel corso di un telegiornale locale. Bill capisce la rabbia che Mildred cova, ma è altresì convinto del fatto che lui e i suoi uomini abbiano fatto tutto ciò che era in loro potere per scoprire i colpevoli della morte di Angela: con pochissime prove e senza alcun testimone oculare (la violenza avvenne in piena campagna), d’altronde, è difficile muoversi in una qualunque direzione.

Martin McDonagh è un habituè delle atmosfere dark, cui ci ha abituato nei suoi lavori precedenti, In Bruges – La coscienza dell’assassino 7 psicopatici. Qui, ancor di più, il drammatico si mescola con una sottile ironia che pervade i 115 minuti del lungometraggio. Una storia torbida, che si sviluppa in maniera convincente grazie anche alla cura nel tratteggio e soprattutto nello sviluppo dei personaggi. Splendida la rappresentazione della rabbia di una madre assetata di vendetta, Mildred Hayes è una lady vendetta insuperabile, glaciale e spietata.

Se vi viene in mente Fargo, avete ragione: l’imprinting del film di Joel Coen è evidente e la protagonista di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri è Frances McDormand, moglie di Coen ed interprete proprio in Fargo.
Ma sarebbe ingeneroso sostenere che McDonagh si è semplicemente nutrito delle idee di Coen: la storia è ben orchestrata, mai noiosa e con plot twist mai scontati né troppo prevedibili.

Il cast funziona nella sua interezza: non c’è un attore che non giri nel modo giusto e tutti hanno il loro piccolo momento di gloria. Una menzione speciale per Sam Rockwell, capace di accompagnare il suo personaggio in fasi molto differenti, sempre rimanendo coerente con un’interpretazione solida.

Buona la fotografia, che con i paesaggi spesso desolati di Ebbing è capace di accompagnare lo storytelling arricchendolo con grande grazia.

Tre Manifesti a Ebbing, Missouri è un piccolo gioiellino, di quelli di cui il grande pubblico si dimenticherà presto, ma rimarranno nella memoria e forse nel cuore di molti appassionati e per molto tempo.

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