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CineVisioni: la recensione di 47 Metri

di Luca Ceccarelli
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In programmazione a Grosseto – The Space Cinema

Due giovani sorelle – Lisa (Mandy Moore, cantante e vista come attrice in Dottor Dolittle 2, I passi dell’amore ed American Dreamz) e Kate (Claire Holt, principalmente nota per il ruolo di Emma Gilbert nella serie televisiva H2O e di Rebekah Mikaelson in The Vampire Diaries e in The Originals) – sono in vacanza in una località marina in Messico. La situazione sarebbe ideale per svagarsi alla grande, ma Lisa è turbata per essere stata lasciata dal suo fidanzato. Così Kate, la più disinvolta delle due, cerca di farla divertire portandola fuori di notte a spassarsela. Due giovani messicani propongono alle ragazze di provare lo sballo di un’immersione in una gabbia in un luogo infestato da squali: totalmente sicuro, totalmente avvincente. Lisa, preoccupata, è titubante, ma dato che è stata lasciata dal fidanzato proprio perché ritenuta noiosa, decide, spinta dalla sorella, di tentare la botta di vita. Quando vede la vecchia gabbia arrugginita del “capitano” Taylor, Lisa è di nuovo colta da dubbi, ma Kate è risoluta: l’avventura va vissuta. In mare aperto vengono gettate le esche per attirare gli squali che subito arrivano. Poi le ragazze si calano in mare dentro la gabbia per potersi godere la vista degli squali al sicuro della loro protezione. Ma per un problema tecnico la gabbia precipita a 47 metri di profondità e le ragazze si trovano nei guai con poca aria e troppi squali.

47 Metri è concepito come un B-Movie, ne ha i ritmi e molte caratteristiche realizzative. Volendo, è un Gravity girato in fondo al mare. Un’opera che fa del minimalismo esibito e della suspence i suoi tratti caratterizzanti, almeno nelle intenzioni.

Ben presto, non prima di una lenta, lentissima fase introduttiva che copre i primi 20 minuti circa del film e mette a dura prova la pazienza dello spettatore, emerge il problema numero uno di 47 Metri: l’idea sarebbe stata ottima se si fosse voluto realizzare un cortometraggio, non regge assolutamente su 90 minuti. Il risultato è che la sceneggiatura risulta stiracchiata all’inverosimile, con inevitabili ripercussioni sul ritmo.

Un altro evidente problema sono i personaggi, così poco profondi, quasi monodimensionali, da fallire miseramente l’obiettivo dell’empatia con lo spettatore. Ed in un film horror/thriller questo è un peccato mortale. Le evidenti contraddizioni presenti nella sceneggiatura unite ad una scarsa credibilità complessiva ne fanno un fumettone che poco ha a che vedere con i suoi riferimenti espliciti, uno su tutti Lo Squalo.

Il regista Johannes Roberts, reduce dal successo di The Other Side of The Door, ha tentato di ripetersi, ahimé senza successo. Resta da segnalare un piccolo ruolo per Matthew Modine, lontanissimo dalle sue interpretazioni migliori ma comunque apprezzabile.

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