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Grosseto. Saranno celebrate lunedì 30 ottobre, alle 15.30, nella chiesa di San Francesco, la “sua” chiesa, le esequie di Beppe Prevosti, la cui storia ha toccato il cuore di tanti.
Beppe è stato accompagnato anche dalla Chiesa di Grosseto, negli anni in cui ha vissuto in città. Dai frati minori del convento di San Francesco, dove aveva abitato per un tempo e dove era comunque rimasto di casa anche quando si era sistemato altrove, a don Franco Cencioni.
Il ricordo di don Franco Cencioni
“Conobbi Beppe poco tempo dopo il suo arrivo a Grosseto – racconta il 97enne sacerdote grossetano –. In quel periodo ero solito andare a pranzo al self service del Seminario e iniziai a incontrare Beppe, nei paraggi di Porta Vecchia. La sua figura mi incuriosì. Era gentile, dimesso, riservato. Spesso lo trovavo intento a leggere un libro. Per come sono fatto, non resistetti ed un giorno mi fermai e gli chiesi, a bruciapelo: ‘Hai mangiato?’ ‘Ancora no’, mi rispose. ‘Vieni con me, mangiamo insieme’, gli dissi. Sedemmo a tavola e come accade spesso attorno alla mensa iniziammo a parlare e a scendere nel profondo. Lui mi raccontò la sua esistenza, mi parlò del suo lavoro e di come la sua vita ad un certo punto cambiò e lo portò in strada. Era capitato a Grosseto per caso, da quel che intesi. Nacque subito tra noi una simpatia e mi interessai a lui.
Chiesi ai frati se potevano accoglierlo in convento e così fu. In poco tempo Beppe si fece voler bene non solo da loro, ma anche dalla gente, con la quale si rendeva utile porttando avanti anche piccoli lavoretti di giardinaggio e non solo. Il nostro legame non si è mai interrotto, tanto che successivamente mi interessai anche per una sua diversa sistemazione, che trovai grazie alla disponibilità di un alto funzionario dello Stato, in servizio in città, e a sua moglie, che quasi se lo affigliolarono e che oggi hanno messo a disposizione un loculo per la sua sepoltura. La sua vicenda è, pur nel dolore di certe pieghe che la sua vita aveva, una storia di bellezza, che ci dice come ogni esistenza sia un dono che noi non possiamo assolutamente misurare. Lo dico proprio in questo tempo in cui si torna a dividerci sulla vita, dal suo concepimento a quella di tanti uomini e donne che vengono respinti. Abbiamo imparato la parola, odiosa, di respingimento; la storia di Beppe ci dice che l’accoglienza è la strada per riscattare ogni esistenza. Se oggi tutti piangiamo la morte di Beppe è certamente per il suo carattere amabile, ma anche perché c’è chi si è accorto di lui, lo ha restituito alla sua dignità di persona. Ed è bello sapere che in tanti si stanno prendendo cura di lui anche ora che è deceduto, preoccupandosi delle esequie, del vestito, della cura della salma. Questa è la vita!”.
Il ricordo dei frati minori
Altrettanto commosso il ricordo dei frati minori, quelli che attualmente abitano il convento di piazza San Francesco e quelli che lo hanno abitato fino a poche settimane fa e che hanno condiviso con Beppe tanti momenti.
“A Dio, Beppe nostro, così ti avevo segnato nella rubrica telefonica, persona semplice e umile, così tutti ti ricordano – scrive su Facebook fr. Gabriele Maria Monnanni, che dal 2014 agli inizi di settembre è stato a Grosseto -. Pensando alla tua vita dico che eri un uomo libero. Ti ricordo così, uno spirito libero, un bozzolo diventato crisalide, dopo stagioni difficili, dove la speranza non è mai venuta meno. Grazie dei tuoi sorrisi, della tua gentilezza, della tua presenza, della tua disponibilità, della tua fede, della tua carità. È stato bello averti vicino, aver camminato con te”.
Anche fr. Giovanni Greco, da alcune settimane trasferito a Pisa, ricorda Beppe: “Beppe carissimo – scrive il giovane religioso – in poco tempo sei volato in cielo… hai condiviso con noi tanti momenti di festa, in famiglia… è doloroso salutarti ora, ma un giorno saremo tutti insieme nella festa senza fine!”.
E fra Lorenzo Gemmi, attuale parroco, si commuove pensando a Beppe. “E’ stato una presenza e cosa c’è di più significativo che essere presenza, cioè compagnia e, per dirla con san Francesco, fraternità per la vita degli altri? Sono arrivato a Grosseto poco meno di quattro anni fa e ho trovato Beppe in mezzo a noi, uno di famiglia davvero, con cui abbiamo condiviso tanti momenti e dal quale abbiamo tutti imparato la mitezza, la gratitudine, la genuina spontaneità, la disponibilità. E’ stato davvero di edificazione per tutti e non mi sorprende questo moto di affetto che la città gli sta tributando, perché Beppe è stato una persona buona. Oggi certi termini sembrano da libro cuore, invece la bontà esiste ed è bello poterla testimoniare, toccare con mano, farne esperienza perché abbiamo bisogno di bontà. Come frati ci auguriamo che la storia di Beppe sia custodita nella memoria di tanti, ma soprattutto che diventi una strada percorribile nel solco dell’accoglienza delle fragilità come ad esempio hanno insegnato, in questa storia, i volontari della Ronda della carità, che si sono presi cura di lui e nel tempo sono diventati suoi amici! Anche Beppe era rimasto attento a quelle persone che lo avevano aiutato e potevano continuare ad aiutare altre persone”.