Grosseto. “Esattamente tredici mesi fa l’Ungheria di Viktor Orbán varava l’obbligo per le donne intenzionate ad interrompere una gravidanza ad ascoltare il battito del cuore del feto, vincolando inoltre i medici a presentare la prova ‘chiaramente identificabile delle funzioni vitali’. Questa decisione dell’esecutivo di Budapest, giustamente criticata aspramente da molti osservatori occidentali, venne etichettata da Amnesty International come il segnale di un ‘preoccupante declino’ destinato a traumatizzare le donne già poste in situazioni difficili”.
A dichiararlo, in un comunicato, sono il Coordinamento provinciale Donne dell’Associazione nazionale Partigiani d’Italia e Daniela Castiglione, componente del Coordinamento nazionale Donne Anpi.
“Quei segnali preoccupanti adesso trovano terreno fertile persino tra i politici italiani, sempre più reazionari in un Paese che con le sue storiche battaglie per la legge 194 del 1978 indicò invece la via per la transizione da un sistema patriarcale ad un nuovo contesto legislativo paritario, a riconoscimento di una piena soggettività giuridica della donna – continua la nota -. Oggi, attraverso la proposta di legge, sostenuta tra gli altri da ‘Militia Christi’, “Generazione voglio vivere’, ‘Movimento nazionale Rete dei Patrioti’, ‘Tradizione Famiglia Proprietà’ ed ‘Associazione Crociata cattolica per la Regalità di Gesù Cristo’, fortemente sponsorizzata dal sindaco del capoluogo maremmano attraverso i suoi canali social, il nostro Paese potrebbe rischiare di assomigliare in brevissimo tempo all’Ungheria dei diritti violati di Orbán. Anche in Italia, secondo quanto scritto nella proposta di legge d’iniziativa popolare depositata in Cassazione denominata ‘Un cuore che batte’, il personale medico si troverebbe infatti obbligato a mostrare ‘tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso'”.
“Falliti in tutti questi anni gli innumerevoli tentativi di abrogarla, ora si prova la carta dello stravolgimento del senso della legge 194 attraverso l’arma della propaganda e della mistificazione, con il pretesto di una maggiore consapevolezza sull’aborto – termina il comunicato -. Cari politici, se davvero volete migliorare la consapevolezza ripristinate ed aumentate i fondi per i consultori, altrimenti smettetela di chiamarla ‘consapevolezza’ ed iniziate a parlare, meno ipocritamente, di ‘senso di colpa conculcato per legge'”.
Anche il Coordinamento donne “Licena Rosi Boschi” della sezione Anpi “Elvio Palazzoli” di Grosseto vuole esprimersi in merito alla vicenda “Un cuore che batte”.
“Riteniamo indispensabile che si levino quante più voci possibili per protestare di fronte a questo ennesimo tentativo di calpestare i diritti, specie quelli che le donne si sono conquistati dopo anni di battaglie – si legge in una nota –. Questa è un’ulteriore dimostrazione di quanto purtroppo niente possa essere dato per scontato, specie in un momento storico come quello attuale in cui si vogliono riportare indietro con ogni mezzo le lancette della storia. Il Governo italiano si accoda ai ‘patrioti europei ungheresi’ ed il nostro sindaco naturalmente non è da meno. Per cui, grazie a Vivarelli Colonna, Grosseto (prima città di Italia ad avere avuto un consultorio quando la normativa nazionale e regionale ancora non lo aveva istituito) si trova ancora una volta a far parlare di sè in negativo (dopo il meme sulla Schlein, i video in palestra per allenarsi contro i comunisti, l’intitolazione di una via ad Almirante, . . .). Ed il sindaco con la propria Giunta ha informato i cittadini della possibilità di sottoscrivere la proposta addirittura invitandoli a firmarla. Ma un sindaco non deve abusare del proprio ruolo per fare becera propaganda politica! E fa veramente indignare che sia sostenuto in questo anche dalla presidente della Commissione pari opportunità, Carla Minacci, cosa che aggrava ancora di più la pesantezza della vicenda”.
“Sì, perché questa volta si tratta di una vera e propria barbarie che renderà più difficile l’accesso all’aborto e traumatizzerà donne già in situazioni difficili, costringendo anche ragazze violentate o in pericolo di vita a sedersi su un lettino per sottoporsi all’esercizio sadico e crudele di ascoltare il battito del feto che hanno in grembo prima di interrompere la gravidanza. La legge di iniziativa popolare infatti prevede che il medico che effettua la visita che precede l’interruzione di gravidanza ‘sia obbligato a far vedere alla donna intenzionata ad abortire, tramite esami strumentali, il nascituro che porta in grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso. La finalità è quella, si dice, di accrescere la consapevolezza del gesto dell’aborto’. Una presa di posizione anacronistica perché considera per l’appunto la donna come inconsapevole?!. Inconsapevole?! nel prendere una decisione che provoca sofferenza, alla quale sono quotidianamente frapposti mille ostacoli (come testimonia anche l’associazione ‘Obiezione respinta’) e adesso questa ulteriore umiliazione che si vuol far passare come consenso informato, ma che in realtà sottintende una concezione brutale e crudele – termina il comunicato -. Inconsapevole?! che esistono metodi contraccettivi che hanno di molto abbassato il numero degli aborti effettuati. Inconsapevole?! che ancora una volta debbano essere altri a decidere per lei, in primis un uomo che ha fatto del machismo la propria bandiera. Ma sapete che c’è? Le donne la loro consapevolezza l’hanno raggiunta da un pezzo, perlomeno le cittadine. . . sarà così anche per le amministratrici?”.