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La Polizia ha celebrato il suo patrono san Michele Arcangelo

Cerimonia in Questura e messa in cattedrale

di Redazione
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Grosseto. Questa mattina è stata celebrata la cerimonia del santo patrono della Polizia di Stato, San Michele Arcangelo.

Alle 9.00, in piazza Palatucci, alla presenza di un picchetto in armi, il Questore di Grosseto, Antonio Mannoni, ha deposto, insieme all’Associazione nazionale della Polizia di Stato (Anps) e al parroco per la benedizione, una corona d’alloro al cippo in onore e in memoria dei caduti della Polizia.

Alle 10.00 è stata celebrata in Duomo la tradizionale Santa Messa, officiata dal Vescovo Monsignor Giovanni Roncari.

La celebrazione liturgica si è tenuta alla presenza delle autorità locali, dei rappresentanti delle altre Forze di Polizia, del personale dipendente della Polizia di Stato e dell’amministrazione civile dell’Interno, dei familiari delle vittime del dovere.

Nel corso della celebrazione religiosa è stata letta da un appartenente alla Polizia di Stato la “Preghiera a San Michele Arcangelo”.

Al termine della cerimonia l’Anps di Grosseto, insieme al Questore, ha donato al Vescovo un crocifisso in metallo realizzato da un artigiano locale, socio dell’Anps.

Le parole del vescovo Giovanni

“Aiutiamo insieme le giovani generazioni a comprendere che la legge non è un capestro, ma è una mano che viene data alla nostra libertà. E’ un cammino in salita, ma le cose belle costano e noi siamo disposti a pagare per raggiungere questa bellezza”. E’ quanto il vescovo Giovanni questa mattina ha consegnato alle donne e agli uomini della Polizia di Stato che, con a capo il Questore Mannoni, si sono ritrovati in cattedrale per celebrare il loro patrono, san Michele arcangelo.

Il Vescovo ha colto l’occasione di questa ricorrenza, celebrata sempre con grande coinvolgimento da parte del personale della Polizia, per lanciare alcuni messaggi, che hanno tratto spunto dalla Parola di Dio proclamata nella Messa e dalla cronaca. E’ stato infatti letto un brano dell’Apocalisse, che descrive la battaglia finale tra il male e il bene. “Una battaglia nella quale il bene di Dio avrà l’ultima parola“, ha assicurato il presule.

“Certo – ha aggiunto –, ci sarà sempre chi considererà noi cristiani come una manica di illusi o di persone che cercano di consolarsi … Per noi, però, questa certezza poggia su una parola che non è nostra ma di Dio e, dunque, non è vana consolazione, purchè – ha precisato – siamo consapevoli che questa vittoria del bene arriverà grazie a Cristo redentore e all’impegno diretto di tante donne e tanti uomini che offrono la ‘parola della loro testimonianza’ e che non sono autoreferenziali, non si mettono al primo posto assoluto, ma hanno saputo e sanno mettersi in gioco. E ringraziando Dio ci sono ancora persone che fanno loro questa logica di vita”.

Il Vescovo ha voluto, però, lanciare anche altri messaggi. “L’uomo da sempre si interroga sul perché del male – ha detto – e le risposte date sono tante, alcune arrivano addirittura a sostenere che ciò che generalmente consideriamo male, in realtà non lo è. E’ la corruzione della coscienza … Ne abbiamo avuto un esempio in questi giorni – ha aggiunto –. Un noto mafioso non voleva i funerali religiosi, perché tanto la Chiesa è corrotta… Dunque il corruttore dichiara gli altri corrotti… E’ un po’ come quegli uomini che usano violenza fisica sulle donne sostenendo che l’altra era succinta… dunque se la sarebbe cercata… In questo modo si arriva davvero alla corruzione della coscienza e a interpretare come bene ciò che oggettivamente è male! Ci si autoinganna…”

Alle donne e agli uomini della Polizia, dunque, il Vescovo ha consegnato un’ulteriore riflessione: “Voi rappresentate la legge, che dovrebbe educare la coscienza, perché quello che è male resta male e quello che è bene resta bene. E l’uomo può giudicare il bene e il male grazie alla propria retta coscienza, che si forma in tanti modi. Certamente fin da bambini, purchè gli adulti abbiano il coraggio di dire no quando occorre il no e sì, quando è opportuno il sì. Ma la coscienza retta si forma anche nella libera discussione e, per chi ha il dono della fede, anche attraverso lo spirito di Dio”.

E ha esortato il personale della Polizia: “Dovete, sì, reprimere, ma non basta. Dovete essere anche quelli che educano, attraverso l’esempio, attraverso tanti strumenti che l’intelligenza e l’esperienza umana ci mettono davanti”.

E a proposito del dibattito sulle baby gang, ha aggiunto: “Non si può approcciare il problema discutendo se serva repressione o educazione…sarebbe semplicistico. Come Chiesa scegliamo l’educazione: il bastone non ha mai convertito nessuno. Ha impressionato, impaurito, umiliato, ma non ha cambiato i cuori. Se, però, scegliamo l’educazione, ci vogliono gli educatori: famiglia, scuola, la Chiesa, le forze dell’ordine, lo sport”.

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