Grosseto. “La spinta è arrivata da dentro, dovevo decidere se svegliarmi o scomparire. Sono guarita partendo da un problema personale, solo mio, ma sono stati i professionisti Asl di Grosseto e la condivisione con le altre ragazze a salvarmi”.
In questo pensiero si riassume il significato più profondo della storia di Sara, donna di 28 anni, influencer di successo che vive a Milano da alcuni anni, ma che non dimentica la sua esperienza di vita legata al disturbo psicologico e alimentare che ha vissuto mentre con la madre si era trasferita a Magliano da Milano.
La storia
“I primi segni di disturbo mentale sono comparsi abbastanza presto, intorno ai dieci anni – racconta Sara -. Ero una bambina estremamente esuberante, non dormivo mai, ero iperattiva. Sono arrivata persino a mettere in atto gesti di autolesionismo. Poi all’inizio dell’adolescenza, ho iniziato a credere che in un mondo dove tutto sembrava così difficile e sfuggente, una cosa era in mio potere, il cibo. Così ho iniziato a mangiare sempre meno e tuttavia a sentirmi sempre più inadeguata, poi è arrivata la bulimina, finchè un giorno, non so ancora come, ho trovato la forza di chiedere aiuto a mia madre che, informandosi, si è rivolta al Centro per i disturbi alimentari Il Mandorlo all’ospedale di Grosseto. Lì ho trovato la salvezza”.
“Inizialmente sapevo di voler guarire, ma non accettavo di stare praticamente ogni giorno in quel posto, sentivo una sorta di rifiuto – continua Sara –. Con il passare delle settimane, ho scoperto un gruppo di professionisti con incredibili competenze e straordinarie doti umane, mi sono sentita in famiglia. Psicologi, psichiatri, nutrizionisti, infermieri, tutti hanno lavorato con me e ‘su di me’ per un anno. Loro mi hanno fornito gli strumenti per attuare un cambiamento dentro la mia mente e nel mio corpo, ma so con certezza che tutto quello che ho vinto e conquistato è stato possibile anche grazie al costante contatto con altre persone nella mia stessa situazione: condividere, empatizzare è stato vitale, perchè ognuno si ammala per un suo motivo, certo, ma la cura si raggiunge insieme. Così è stato per me. Il ricordo della vicinanza, del reciproco aiuto tra le compagne di guarigione che ho avuto la fortuna di conoscere, lo porto sempre con me, ogni volta che guardo il tatuaggio con sei rose che mi sono fatta per non dimenticarmi quando vale la vita“.
“Se oggi sono qui, viva e in salute, lo devo anche alla dottoressa Margherita Papa (nella foto, ndr), per me punto di riferimento fondamentale, non solo come psicologa, ma anche come donna e amica. Grazie a lei e all’aiuto di tutta la squadra del Mandorlo – termina Sara -. Adesso vivo la vita con più leggerezza, apprezzo il mio corpo e con autoironia scherzo su quelli che un tempo vedevo come difetti orribili, sono soddisfatta di ricoprire un ruolo di rilievo nell’azienda dove lavoro e soprattutto della mia relazione sentimentale, che va avanti da più di cinque anni”.