E’ uno dei luoghi simbolo della città di Grosseto della fase post bellica ed è anche un luogo della memoria. Nella cripta, infatti, sono ricordati i morti del tragico bombardamento di Pasquetta (26 aprile 1943), ma anche di altre tragiche morti di civili grossetani durante la seconda guerra mondiale.
E’ la basilica del Sacro Cuore, realizzata fra il 1954 e il 1958 per volontà del vescovo Paolo Galeazzi, che volle un luogo sacro e di preghiera intitolato al Sacro Cuore di Gesù perché la città non dimenticasse mai il sangue innocente versato anche nella nostra città nei tragici anni della guerra.
Progettato dall’ingegnere Ernesto Ganelli, professionista di fiducia del Vescovo, rappresenta anche dal punto di vista architettonico uno degli esempi più significativi di edilizia sacra del secondo Novecento in Italia. Il Cristo d’oro benedicente, che si erge sulla cupola e, alle sue spalle, il campanile, sono diventati davvero un simbolo per Grosseto: da qualunque zona della città e persino arrivando in essa è possibile scorgere.
Come tutti gli edifici imponenti e costruiti in anni lontani, anche la basilica del Sacro Cuore sta subendo gli effetti del tempo e richiede un intervento di ristrutturazione piuttosto articolato. E’ per questo che il vescovo Giovanni, nella serata di venerdì, ha tenuto un’assemblea parrocchiale assieme al vicario generale, don Paolo Gentili; all’economo diocesano, don Alfio Bambagioni, ai Padri Guanelliani che da poche settimane curano la parrocchia, ed ai tecnici incaricati di progettare l’intervento di restauro.
Il cantiere di fatto è già aperto. All’esterno, infatti, è già stata installata una delle due gru che serviranno per operare segmentando il cantiere stesso, e sono comparse anche le prime impalcature. Ma l’intervento più invasivo e complesso interesserà l’interno della basilica, che infatti, a partire da questa settimana verrà chiusa, per permettere alla ditta incarica di iniziare ad allestire il ponteggio che, in questa prima fase, occuperà, la prima parte dell’aula liturgica. La basilica, pertanto, verrà chiusa e interdetta, almeno sino a febbraio, alle celebrazioni.
“Le Messe e ogni altro momento liturgico – spiega il parroco, don Santino Maisano – saranno celebrati nel salone parrocchiale, per consentire agli operai di lavorare in piena sicurezza. E’ un sacrificio che ci viene chiesto e che facciamo di buon grado, ben sapendo quanto sia necessario e non più rinviabile l’intervento che interesserà la basilica. Resterà possibile invece accedere agli spazi parrocchiali che si affacciano su via Calabria: a partire dalla sede del centro di ascolto Caritas, agli ambienti degli scout e a quelli per il catechismo dei bambini e dei ragazzi”.
L’intervento è stato affidato ad un’equipe di professionisti grossetani composta dagli architetti Marco Corridori, Giulia Francesconi, Elisa Luzzi (progettazione architettonica); dall’ingegner Cesare Tinti (progettazione strutturale); dal geometra Marco Santucci (sicurezza) e dall’ingegner Gianfrancesco Santagati per la parte impiantistica. L’equipe ha lavorato due anni per progettare l’intervento di ristrutturazione della basilica, la cui centralità urbanistica nella città di Grosseto ha inciso in modo profondo sul suo successivo sviluppo. Per questo i tecnici hanno effettuato una complessa ricerca storica, che ha interessato il progetto originario, le variazioni intervenute e la realizzazione finale. Hanno poi effettuato saggi con un laser scanner, che ha permesso di conoscere le geometrie dell’edificio.
Nello specifico, i lavori interesseranno la sostituzione completa della copertura del tetto, la revisione dei paramenti lapidei di cui il prospetto è rivestito e che in alcuni punti si sono distaccati e interventi anche sugli impianti fognari nell’area tra asilo e casa canonica.
Il progetto prevede di creare un solaio calpestabile subito al di sopra della volta. Una scelta necessaria per cercare di chiudere l’accesso alla basilica per il minor tempo possibile e per permettere, nel futuro, la manutenzione dell’edificio. Se fosse stata restaurata la copertura così come era non sarebbe stato risolto il problema. “Per poter realizzare i lavori – ha spiegato l’architetto Corridori a nome dell’equipe tecnica – avevamo sostanzialmente due alternative. La prima era puntellare tutto lo spazio della basilica per reggere la volta e poterla utilizzare come piano d’appoggio per lavorare sul tetto. La strategia che abbiamo, invece, scelto di utilizzare è un’altra: creeremo un primo piano di sostegno all’interno della basilica, ma lo sfrutteremo per poter cominciare a costruire un altro piano, che verrà edificato al di sopra della volta. Sostanzialmente, ci appoggeremo in terra solamente nella parte dell’ingresso, mentre tutto il resto del cantiere sarà invisibile perché, appunto, realizzato sopra la volta. Questa soluzione, lo speriamo, ci consentirà di interdire la basilica per un tempo più contenuto”.
Il tetto andrà, infatti, completamente sostituito. “Faremo un primo orizzontamento in travi in acciaio – ha spiegato l’ingegner Cesare Tinti – così da permettere agli operai di lavorare in sicurezza e di aprire il tetto un po’ alla volta, demolendo la parte vecchia e sostituendola con quella nuova. Si tratta di operazioni complesse, che comporteranno una buona preparazione delle maestranze e anche un buon coordinamento, anche perché si lavora ad altezze molto alte e movimentare personale e materiali non è semplice. Alla fine, però, avremo un tetto nuovo e un piano calpestabile per poter effettuare, in futuro, controlli in piena sicurezza”.
Complessivamente il cantiere del Sacro Cuore durerà non meno di un anno anche se, come specificato dai tecnici, l’interno della basilica tornerà ad essere fruibile intorno a marzo, perché l’intervento sarà diviso in due fasi.
L’intervento sarà impegnativo anche sul piano economico: il costo stimato, infatti, è di un milione 360mila euro “che – specifica l’economo diocesano don Alfio Bambagioni – saranno coperti per 920mila euro dai fondi dell’8xmille. La restante parte sarà a carico della parrocchia. Tuttavia, tendo a dire che non sono i soldi a doverci preoccupare; l’impegno della diocesi e, in prima battuta della comunità parrocchiale, è quello di ravvivare il senso di appartenenza a questa chiesa, coinvolgere il quartiere, far sentire a tutti che questa basilica è uno spazio di speranza. Solo così possiamo affrontare con lo spirito giusto interventi manutentivi tanto complessi, che nei prossimi mesi interesseranno anche altre parrocchie, così come nel recente passato ne hanno interessate altre. Penso, ad esempio, al Cottolengo, dove sta terminando il terzo stralcio e dove l’impegno della comunità parrocchiale è stato encomiabile, non per quanto è stato raccolto in termini di fondi, ma per lo spirito di appartenenza che ne è emerso”.
“La Chiesa – conclude a questo proposito il vescovo Giovanni –, prima che essere un edificio, è un popolo: siamo noi a fare la Chiesa. Ma un popolo ha bisogno anche di un luogo fisico e non è un caso che nell’edificio chiesa l’uomo occidentale abbia, nei secoli, investito le sue migliori energie in termini di competenze, estro, abilità artistica, riflessione teologica, per testimoniare al meglio il valore della Chiesa come edificio spirituale. Ecco perché è giusto amare la propria chiesa, preoccuparsene, ma dire anche ‘menomale che possiamo intervenire’”.
Giovedì 11 novembre il vescovo Giovanni sarà nella parrocchia di Santa Lucia per vivere con la gente un altro momento assembleare in vista di un altro cantiere che dovrà aprirsi anche lì.