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La situazione sanitaria critica che viviamo ormai dall’inizio dell’anno ci ha messo di fronte, volenti o nolenti, a un deciso cambiamento delle nostre abitudini quotidiane, imponendo il cosiddetto “smart working” come nuova modalità di lavoro e la didattica a distanza come mezzo per continuare ad assicurare l’istruzione a bambini e ragazzi; ha inoltre avvicinato al mondo digitale anche i meno avvezzi a utilizzare la Rete per fruire dei servizi più disparati.
Se dunque prima non era scontato, o almeno non per tutti, appoggiarsi a piattaforme digitali per seguire corsi sportivi, visitare virtualmente musei, prenotare una cena a domicilio o addirittura un parcheggio in centro a Milano in caso di necessità, adesso questi strumenti sono sempre più diffusi, e consentono di fare fronte in modo sicuro alle più svariate necessità.
Lavoro agile: un’accelerata necessaria
Per quel che riguarda lo smart working, occorre innanzitutto fare un po’ di chiarezza in merito alla terminologia: questo termine, diventato in Italia di uso comune dopo il periodo di quarantena che si è protratto nel nostro Paese dal marzo al maggio scorso, è in realtà uno “pseudo-anglicismo” adottato per definire quello che, più propriamente, si chiama “lavoro agile”, e non va confuso con il “telelavoro”, che prevede che i dipendenti di un’azienda lavorino di base da casa, presenziando di norma nella sede lavorativa una volta a settimana.
Il lavoro agile, massicciamente adottato in concomitanza con l’emergenza sanitaria, si è rivelato una soluzione praticabile da molti impiegati, professionisti, quadri e dirigenti, in ragione della informatizzazione di molte attività, che rende possibile svolgerle anche da casa.
Da questo punto di vista, fino a qualche anno fa, in Italia la situazione è sempre stata molto più arretrata rispetto al resto dell’Europa. La pandemia ha invece costretto il Paese a recuperare terreno, mettendo in evidenza gli aspetti positivi di questa forma di lavoro: che, non va dimenticato, è stata pensata originariamente come una prestazione di tipo inclusivo, che va incontro alle esigenze di quei lavoratori che hanno bisogno di flessibilità oraria per ragioni di salute o personali.
Didattica a distanza: a patto di ripensare l’insegnamento
La didattica a distanza, al centro di un dibattito molto acceso, è, in linea teorica, un insieme di attività formative che si possano svolgere “in remoto”, ossia senza che docenti e alunni si trovino fisicamente in classe insieme; perché sia veramente efficace, però, non deve limitarsi a essere una semplice trasmissione di compiti da svolgere o lezioni da imparare. Sta emergendo infatti la necessità che sia sostenuta da un ripensamento della formazione, che preveda una costante interazione degli allievi con gli insegnanti e, soprattutto, la presenza di materiali e strumenti che favoriscano e alimentino lo scambio quotidiano: dunque piattaforme digitali per la condivisione di materiali, strumenti multimediali e chat di gruppo.
Pc e smartphone come “centri servizi”
Più immediata e accessibile appare invece la fruizione di tutta una serie di servizi per i quali il ruolo della Rete sta diventando centrale. Molti musei e teatri, per esempio, con la quarantena hanno iniziato a mettere a disposizione del pubblico spettacoli o visite virtuali; i podcast tematici sono sempre più popolari da chi, trascorrendo più tempo a casa, desidera approfondire i propri interessi. Per evitare di esporsi al rischio di contatto con altre persone, o perlomeno per limitarli, molte persone hanno acquisito l’abitudine alla spesa alimentare online, e molte realtà penalizzate dal lockdown, su tutte bar e ristoranti, si sono “reinventati” organizzandosi con servizi a domicilio da prenotare con pochi click. Dal canto suo il pubblico ha iniziato a premiare sempre di più le realtà locali, artigianali e di quartiere che hanno fatto leva sul digitale per mantenere vive le proprie attività; e molto probabilmente continuerà a farlo.
Spostarsi con prudenza
Un altro settore penalizzato dall’emergenza sanitaria è quello della mobilità pubblica: a tram e autobus, in particolare, chi deve ancora spostarsi per necessità preferisce l’auto, così da non entrare in contatto con altri passeggeri. Se bisogna muoversi, però, è bene cercare di ottimizzare i tempi di spostamento e, soprattutto, orientarsi su strutture di parcheggio sicure, evitando di interagire con macchinari e parcometri per il pagamento. Può dunque essere utile, anche in questo caso, appoggiarsi alle Rete e affidarsi a strumenti come MyParking, piattaforma di prenotazione e pagamento online del parcheggio, che consente di assicurarsi e pagare online la struttura più adatta alle proprie necessità scegliendola fra oltre 500 in tutta Italia, tutte accuratamente preselezionate e qualificate. Restano valide alternative, dove possibile, spostarsi in scooter, in bicicletta o, con le dovute cautele, a bordo dei sempre più diffusi monopattini elettrici, che possono essere utilizzati solo dagli “over 14” e rispettando rigorosamente le regole dettate dal decreto Milleproroghe entrato in vigore lo scorso marzo.