Un nostro lettore, che preferisce rimanere anonimo, ci ha inviato una lettera “per portare a conoscenza voi ed eventualmente i lettori della drammatica situazione che stiamo vivendo io e la mia famiglia” in seguito all’emergenza Coronavirus.
Ecco il testo integrale della lettera:
“Mia moglie ha sempre lavorato in rianimazione e da quando è uscito il coronavirus, il reparto è diventato Covid.
Da quel momento la nostra vita è cambiata, la gente ci guarda come se fossimo degli untori, cerca di stare alla larga da lei e dai suoi familiari.
Eppure stiamo parlando della stessa che acclamiamo tutti i giorni come eroi e che stimiamo tanto e poi nella realtà li teniamo alla larga perché abbiamo paura che ci possano far ammalare?
Ma non sono le stesse persone che stringono la mano ai pazienti quando sono in rianimazione impauriti di non potercela fare? Non sono le stesse persone che, per amore del prossimo, permettono ai parenti a casa di poter vedere i loro cari prima di essere intubati o comunque farglieli sentire per tranquillizzare il loro animo? Penso che chi tenga a distanza il personale sanitario, debba rivedere un po’ i suoi canoni di vita e cercare di comprendere che loro fanno di tutto per salvare le vite e soprattutto di tutto per non portare questo virus in primis alle persone della loro famiglia e poi agli altri.
Nella speranza possano un giorno capire che i loro sguardi e la loro paura dagli untori, si aggiunge alla sofferenza e al sacrificio professionale che queste persone sopportano ogni giorno”.