Povertà che si cronicizzano e si fanno sempre più complesse. Questo uno dei dati più evidenti del rapporto Caritas 2016, significativamente intitolato “In bilico: povertà, periferie e comunità che resistono in Toscana” (scaricabile da questo link), presentato oggi in Regione dall’assessore a sociale, diritto alla salute e sport, Stefania Saccardi, e da Roberto Filippini, delegato Cet per la Caritas, affiancati da Massimiliano Lotti, Francesco Paletti, Alessandro Martini e Paola Garvin.
“Povertà croniche che causano un vero e proprio ‘effetto intrappolamento’: mi ha colpito – ha affermato l’assessore Saccardi -. Questa definizione, centrale nel dossier sulle povertà in Toscana, che elabora i dati raccolti dai 213 centri di ascolto della Caritas in Toscana nel corso del 2015, e racconta la crescita di queste povertà cronicizzate, che i centri d’ascolto delle Caritas della Toscana seguono da almeno sei anni, tante persone, più di 5.000, che non riescono a ripartire e a riprogettare la loro vita anche in presenza (a volte) di un reddito che, tuttavia, non è sufficiente a rispondere a tutti i bisogni della famiglia. Va comunque detto che anche nel 2015 la soglia di povertà relativa in Toscana si ferma al 5%, meno della metà rispetto a quella media nazionale, che è del 10,4%“.
“Dati che ci sono forniti da questo rapporto, un lavoro importante e prezioso – ha aggiunto Stefania Saccardi – che ci consente di comprendere meglio i bisogni delle persone più fragili, basato com’è sull’ascolto ravvicinato della marginalità e dell’esclusione sociale attraverso i centri Caritas, che sono vere e proprie antenne sul territorio. E che ci aiuta a integrare efficacemente le conoscenze raccolte dai servizi del sistema pubblico, obiettivo della collaborazione riconfermata della Regione con la Caritas. Siamo convinti che per dare risposte appropriate ai cittadini occorre far cooperare tutti i soggetti, facendo leva sulla responsabilità degli enti locali e del terzo settore. Come stiamo facendo in questo ambito, con l’organizzazione di seminari di confronto ravvicinato tra operatori dei servizi territoriali pubblici e operatori dei centri d’ascolto Caritas per condividere analisi, approcci e metodologie e con il sostegno alle azioni di sensibilizzazione dei giovani, per renderli consapevoli e aperti alla cultura della solidarietà“.
Per Roberto Filippini, delegato Cet per la Caritas, “ciò che emerge dal dossier è che il 2015 è stato un anno faticoso, soprattutto per il riverbero che continua della crisi economica. Prova ne è l’elevata percentuale di persone incontrate, ancora in stato di disoccupazione e, se è cresciuta l’emergenza dei profughi e degli immigrati, va evidenziata la costante riduzione della forbice fra cittadini stranieri e italiani che bussano alle porte delle Caritas toscane“.
Il quadro del nuovo rapporto Caritas
La crescita della povertà cronica è una delle cause che spiega la leggera diminuzione di persone in situazione di disagio incontrate dalle Caritas toscane nel 2015: 22.041 quelle incontrate nel 2015, il 15,4% in meno rispetto all’anno precedente, una contrazione dovuta anche alla crescente complessità dei casi incontrati ,se è vero che, nel 2015, ciascuno di essi è stato ascoltato mediamente quasi sei volte (5,7) contro le quasi cinque (4,8) dell’anno precedente e le 4,3 del 2013.
A queste cause si deve aggiungere, secondo il rapporto, l’impegno delle Caritas e delle strutture ecclesiali nell’accoglienza dei profughi, 2.415 migranti alla fine di ottobre corrispondenti a circa un quinto (21%) di tutti quelli accolti in Toscana. Un impegno importante all’accoglienza regionale, ma poco rilevabile dalla rete dei centri d’ascolto perché la maggior parte dei richiedenti asilo è inviata dalle Prefetture direttamente alle strutture d’accoglienza.
La povertà intrappola anche perché a volte non bastano neppure lavoro e casa per riuscire ad evitarla. E’ vero infatti che il 75,1% di chi ha chiesto aiuto alle Caritas è senza occupazione, una quota enorme, me è altrettanto vero che quasi un quinto di essi (18,1%) un reddito, da lavoro o pensione che sia, lo percepisce, ma questo non basta per arrivare con tranquillità a fine mese. Cresce anche la percentuale dei poveri che vivono in un’abitazione stabile, passando dal 63,7% del 2014 al 70,1 dell’anno successivo.
Una delle conseguenze della crisi è anche la continua diminuzione dell’incidenza percentuale degli immigrati, scesa dall’80,1% del 2007 al 63,9% del 2015. Conseguentemente, crescono gli italiani che, nello stesso arco temporale, sono passati dal 19,9% al 36,1. Significativamente diverso pure il profilo delle due popolazioni: gli italiani poveri, infatti, hanno titolo di studio più basso, un’età elevata, una quota maggiore di percettori di reddito (occupati o pensionati) e si caratterizzano per situazioni di maggiore fragilità di relazione (separazioni, divorzi e vedovanze). Gli stranieri, per converso, si contraddistinguono per una maggiore stabilità relazionale (la maggioranza sono coniugati) e un’età molto più giovane, ma anche per condizioni di povertà materiale molto più marcate.
Un capitolo a parte, infine, per chi vive una situazione di marginalità abitativa, ossia in baracche, roulotte o altre sistemazioni improvvisate: l’incidenza è dell’11,8%, uguale a quella dello scorso anno, ma cresce sia con riferimento alle cosiddette “nuove povertà” incontrate nel 2015 (le persone incontrate per la prima volta nell’ultimo anno) che riguardo alle “povertà croniche” arrivando al 15,5% nel primo caso e al 16,1 nel secondo.
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