Oggi, il Vescovo di Grosseto Rodolfo Cetoloni ha scritto e diffuso una lettera tra i sacerdoti, i diaconi, i religiosi, i referenti dei movimenti laicali e gli operatori pastorali della Diocesi di Grosseto. Si tratta di una sua riflessione pastorale suscitata dal dibattito sulla sentenza del Tribunale di Grosseto sul riconoscimento civile di un matrimonio celebrato a New York tra due uomini.
Monsignor Cetoloni ha scelto questa modalità, convinto che suo principale compito di pastore sia quello di confermare i fratelli nella fede, stimolando tutti ad una riflessione sempre appassionata sulla vita nelle sue molteplici dimensioni, senza venir meno ai valori che trovano fondamento nella fede in Cristo.
Ben consapevole che determinati temi pongono ai credenti in Cristo domande, sia nel merito che nello stile da assumere, nella sua lettera invita in particolare a tenere sempre un atteggiamento positivo di annuncio della fede e del Vangelo, come un “sì gioioso” al modo di intendere la vita e le relazioni umane.
Al contempo, il Vescovo esprime con rispetto il timore che, affidando a sentenze di tribunale la risoluzione di tematiche complesse e delicate, la nostra dimensione di cittadini, che si riconoscono nelle istituzioni democratiche, possa indebolirsi e diminuire la fiducia nei luoghi della rappresentanza politica.
Il Vescovo infine invita tutti a tenere sempre un atteggiamento aperto alla riflessione ponderata, al dialogo, alla proposta, all’attenzione alla vita delle persone.
Tutto questo al fine di rendere la fede un’esperienza capace di costruire tutto l’uomo in pienezza.
Ecco, il testo integrale della lettera di monsignor Cetoloni:
“Carissimi/e
mi richiamo ai fatti (sentenza della Corte Costituzionale circa la legge 40 e la decisione del Tribunale di Grosseto) di cui in questi giorni tutti i mezzi di informazione parlano e per i quali l’ufficio Comunicazioni Cei ha diffuso, nella giornata di giovedì, i comunicati che accludo a questa mia.
1. Come Pastore di questa comunità ecclesiale condivido con voi l’impegno che ci è affidato: continuare ad annunciare il vangelo della bellezza delle nozze tra un uomo e una donna (matrimonio) come strada alla realizzazione della piena felicità che nasce e si completa nella complementarietà tra i sessi.
È la Scrittura che ci richiama a questo: ‘Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò’ (Gen. 1,27).
In questa somiglianza con Dio e nel reciproco dono di amore si esprime la realtà e la missione della differenza sessuale.
È dono affidato all’umanità intera. Nel messaggio biblico-cristiano si carica anche del valore sacramentale: diventa manifestazione dell’amore di Dio.
Come comunità cristiana siamo chiamati ad approfondire questa convinzione e a manifestarla con la vita e con la parola.
Coscienti anche che è un tesoro affidato a noi come a vasi di creta, siamo chiamati ad impegnarci tutti, laici e clero, in un cammino educante, in un’applicazione attuale, in un linguaggio comprensibile al nostro tempo.
È la fatica e la gioia del nostro lavoro pastorale in famiglia, in parrocchia, in ogni segmento del nostro vivere.
2. Cittadini di una comunità civile, ci meraviglia, come in altri casi, il fatto che invece che il Parlamento italiano sia la sentenza di un tribunale ad intervenire in una materia così complessa e intorno alla quale si confrontano sensibilità diverse e orientamenti culturali differenti.
Non è questione solo di una trascrizione burocratica.
Ho timore che sia un altro tassello che contribuisce al senso di sfiducia in quelle che sono le Istituzioni portanti della nostra società democratica, chiamate dalla Costituzione ad essere luogo di confronto, di mediazione e di sintesi legiferata per il bene comune.
Si moltiplicano i casi in cui questo avviene e si sgretola, così, il senso di appartenenza civile.
3. Ritorno alla nostra missione di Chiesa, chiamata a condividere e servire la storia degli uomini e delle donne di ogni tempo con umiltà, misericordia e ricerca di espressione della Verità nel dialogo accogliente e fecondo, nell’amore mai giudicante.
È lo stile di Papa Francesco, che ci insegna a stare con la gente.
Egli ci chiama, come comunità ecclesiale, a vivere questa realtà, a riflettere su questi temi, ad affrontarli ed interpretarli in maniera evangelica.
Anche nella ricchezza e nella ‘bontà della differenza sessuale’ (cfr. Lumen Fidei, 52) si può costruire un’autentica cultura dell’incontro.
Questo riguarda in particolare la famiglia, che nasce dal matrimonio fra uomo e donna, e che sta attraversando una profonda crisi. Essa è chiamata a riscoprire il bene che la costituisce ed esserne espressione oggi. Per questo il Papa ha indetto il prossimo Sinodo sulla famiglia.
4. Al di là dei singoli eventi, sempre complessi e in evoluzione, restiamo in un rapporto aperto e fraterno con tutti. I giorni che viviamo sono il quadro in cui siamo chiamati a riscoprire e vivere il Vangelo. Sia sempre il nostro più profondo desiderio”.