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Terremoti, Ordine dei Geologi: “Anche in Toscana manca la prevenzione”

di Redazione
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«Siamo in ritardo di almeno un secolo con le costruzioni antisismiche». La serie di terremoti che colpisce l’Italia Centrale ha riportato il tema della sicurezza sismica di tragica attualità. E per Maria Teresa Fagioli, presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana, quella che manca è la prevenzione. «Non possiamo prevedere l’anno, il mese, il giorno, l’ora in cui i terremoti avverranno, né se dureranno giorno o anni e se si ripeteranno a breve. Ma abbiamo conoscenze della struttura della Terra, e dati statistici affidabili che ci assicurano che crisi come l’attuale, o peggiori, ci saranno, e per questo abbiamo il dovere morale, civile, legale, politico di fare il possibile perché le crisi facciano il minor danno possibile, in una parola: prevenire».


Toscana regione all’avanguardia, ma solo il 10% delle scuole a norma

Tutta l’Italia è un territorio fragile, delicato, vulnerabile, sia dal punto di vista idrogeologico che sismico. «E la Toscana non fa eccezione. In materia di studi di microzonazione ed effetti sismici locali siamo tra le regioni più avanzate. Proprio per questo sappiamo con certezza che la stragrande maggioranza del patrimonio edilizio esistente, storico o recente che sia, non è in grado di reggere ai terremoti che ci saranno, e anche nelle aree ad alta sismicità riconosciuta ed accertata edifici sensibili tipo scuole sono solo nel 10% dei casi antisismiche, praticamente solo gli edifici nuovi, e forse nemmeno tutti».

Sicurezza, obbligatorio trovare soldi e intervenire da subito

La Toscana è costellata di piccoli e grandi borghi di enorme patrimonio storico e culturale, che però non reggerebbero a forti terremoti. «Abbiamo poi il “problemino” dei borghi medievali rinascimentali, settecenteschi ed ottocenteschi sparsi sull’Appennino, patrimonio culturale, paesaggistico, storico umanistico unico, che attira il Toscana l’indispensabile risorsa del turismo. Ma per metterli in grado di sopravvivere ai terremoti attesi ci vogliono investimenti, tanto difficili da trovare “prima” quanto è più agevole, e meno soggetto a controlli, reperirli “dopo” a macerie fumanti. È davvero un lavoro immane mettere in sicurezza se non tutto almeno una parte rilevante di questo grande patrimonio, e servono soldi. Ma sarebbe anche un’occasione unica per riavviare quel volano dell’economia nazionale che gira ancora al minimo, minacciando di fermarsi del tutto».

L’esempio degli altri Paesi, hanno iniziato a fare prevenzione cento anni fa. L’Italia potrebbe essere all’altezza di altre nazioni, ma deve iniziare a fare prevenzione. «Mi sento spesso chiedere cosa abbiamo di meno del Giappone o della Nuova Zelanda, dove un sisma di magnitudo Richter anche superiore a 7 non fa praticamente danni. Abbiamo di meno un secolo di produzione di edilizia sistematicamente antisismica, e in più venti secoli di patrimonio edilizio di valore su cui intervenire».

Quello che succede adesso lungo l’Appennino, un fenomeno naturale

Fagioli spiega la serie di eventi sismici di queste settimane. «Uno sblocchettamento della crosta come sta avvenendo nell’Appennino centrale, con formazione di faglie nuove e riattivazione di vecchie, abbassamento, sollevamento e spostamento di decine di miliardi di metri cubi ti terre e rocce, accompagnati da una enorme quantità di scricchiolii (sismi) della potenza di diverse bombe atomiche, non si è mai registrata in un passato recente e tecnologico in queste aree. Ma i dati storici e geologici testimoniano che più e più volte di certo c’è stato anche di peggio, e quel che è successo, succederà ancora».

Non abbiamo imparato dalla storia, basta lavori al ribasso. Purtroppo però l’Italia non ha imparato dai terremoti. Per la presidente dei Geologi, «non è stato sufficiente il terremoto dell’Irpinia del 1982, né quello di Fabriano nel 1997, né quello dell’Aquila del 2008 e dell’Emilia del 2012, tanto per citare i più recenti e distruttivi, a far avviare la messa in sicurezza del territorio, o meglio ad avviare il processo in modo serio e sistematico. Chissà se ci riusciremo ora, e ammesso che il governo trovi i soldi, chissà come verranno impiegati». Il rischio è quello di fare i soliti “lavori al ribasso”. «Basta con le gare al ribasso e niente controlli di qualità. È solo da poche settimane che un Comune toscano ha emesso un bando riguardante lavori pubblici per circa 1,8 milioni di euro, e per la parte geologica, da cui dipende la sicurezza di tutto il resto, il prezzo a base di gara al ribasso è pari ad 1/10 di quanto il decreto parametri ministeriale prevede come congruo. Dobbiamo solo sperare che il professionista incaricato abbia davvero poco da fare o sia ricco di famiglia, per poter dedicare al lavoro affidatogli il tempo necessario, cioè dieci volte quello per cui verrà pagato».

L’importanza dei geologi per la prevenzione

«Noi geologi siamo figure scomode, come in tutte le categorie ne abbiamo di bravi e meno bravi ma siamo tutti consapevoli che per fare realmente le cose ci vogliono volontà e costanza. È bene lavorare con la protezione civile, ma è anche meglio lavorare, e tanto, in prevenzione. Quella prevenzione che almeno fino ad una decina di anni fa è quasi totalmente mancata in Italia. Recuperare non è facile e l’impegno deve essere nella direzione giusta. È del 27 ottobre il via libera del Senato al ddl che attiverà interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche. Il provvedimento punta a recuperare i dipartimenti di geologia, falcidiati dalla “riforma” dell’Università, con meno vincoli per gli stessi e incentivi per chi si iscrive. Ottimo. Il governo ha tardivamente, ma comunque finalmente riconosciuto che i geologi servono e non devono scomparire . Ora però è necessario anche utilizzarli ed utilizzarli bene perché non ha senso creare geologi per poi lasciarli disoccupati o lasciarseli scappare all’estero (dove i geologi italiani sono molto richiesti) specie quando si vive in un paese dove di geologi c’è davvero bisogno».

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