Abbiamo ricevuto e pubblichiamo integralmente un comunicato di Roberto Barocci, del Forum ambientalista di Grosseto, Mario Monciatti, del Comitato per il No all’inceneritore di Follonica, e Antoni Pavani di Lavoro Ambiente e Salute di Scarlino, in merito alle presunte tracce di arsenico ritrovate nell’acqua dell’area industriale di Scarlino e a Follonica:
“Ogni volta che abbiamo sollevato il problema delle bonifiche dell’area industriale del Casone di Scarlino, che si sono dimostrate inefficaci nonostante che gli enti pubblici le avessero collaudate come ben eseguite, siamo stati accusati di allarmismo e sono stati sollevati altri temi, devianti rispetto a quelli da noi segnalati, come se ci fosse una regia interessata a nascondere.
Nelle nostre recenti conferenze o comunicati stampa non abbiamo mai scritto o detto che nelle abitazioni viene oggi erogata acqua con concentrazioni di inquinanti fuori norma ed anzi, a precise domande dei giornalisti, abbiamo detto che la Asl sta vigilando attentamente e che bene ha fatto l’Acquedotto del Fiora a costruire impianti per abbattere l’arsenico fuori norma. Quindi, ancora una volta, non si comprende chi sarebbero gli allarmisti.
Negli anni abbiamo dovuto sopportare troppi interventi di soggetti con incarichi pubblici, tendenti ad accreditare tesi utili solo agli inquinatori. Negli anni ’90 fu l’Arpat a certificare che l’arsenico nella piana del Casone era naturale, poi quando è stato dimostrato che si era sbagliata, diversi universitari ipotizzarono che le zone minerarie con affioramenti di arseno pirite collocate oltre Massa Marittima avessero contribuito al deposito costiero.
Quando è stato dimostrato che l’inquinamento proviene da attività di superficie del Casone, dissero che la colpa era degli Etruschi. Ma quando dimostrammo che quella pianura al tempo degli Etruschi era sotto il livello del mare, che Vetulonia e Roselle erano porti, che solo le colmate di pochi secoli fa le hanno formate e che a seguito della fusione delle piriti erano state distribuite migliaia di tonnellate di arsenico, allora dissero alla fine degli anni 2000 che avrebbero messo in sicurezza le fonti inquinanti.
E quando l’Acquedotto del Fiora ha chiesto e ottenuto le deroghe per continuare a distribuire acqua con arsenico oltre i limiti di legge, dal 2003 fino alla realizzazione nel 2008 degli impianti di abbattimento, fu presentato uno studio che sosteneva la naturalità delle acque arseniose nelle Colline metallifere, includendo però nei campioni di acqua naturale studiati quelli prelevati a valle degli scarichi inquinati delle miniere, scarichi già inclusi nei piani di bonifica, perchè prodotti dalle lavorazioni delle società Eni.
Oggi che è dimostrato che le acque di falda, in transitano sotto a quei siti, continuano a ricevere concentrazioni fuori norma di pericolosi cancerogeni e che i pozzi per attingere l’acqua creano collegamenti pericolosi per la diffusione degli inquinanti, allora abbiamo dovuto sentire che la colpa sarebbe degli agricoltori che avrebbero disperso quelle migliaia di tonnellate di arsenico, quando è da decenni che ne è vietata l’aggiunta negli antiparassitari.
Allora torniamo a porre al centro dell’attenzione dei cittadini le nostre iniziali domande, alle quali gli amministratori non hanno dato risposta e lo chiediamo anche all’Acquedotto del Fiora: pompando acqua dai pozzi limitrofi alle aree inquinate, si allarga il pericolo? Chi paga per queste bonifiche, chi paga per gli impianti di abbattimento dell’arsenico, chi ha inquinato, come vuole la legge, o i cittadini?”.