Il Comitato Geo – Ambiente e territorio interviene sull’emissione di diossine dall’inceneritore di Scarlino:
“La gravissima emissione di diossine dall’inceneritore di Scarlino ha evidenziato seri problemi e responsabilità in merito alla salute pubblica, ma, contestualmente, le stesse contraddizioni di fondo della vicenda Ilva di Taranto – dichiarano i membri del Comitato. – Dal punto di vista occupazionale l’impianto ha una sua valenza, ma i costi ambientali e gli impatti sulla sanità degli abitanti non possono essere trascurati, in particolare se si valuta l’effettiva funzionalità dell’impianto per la gestione dei rifiuti del territorio“.
“Il punto fondamentale è: ‘esiste una reale necessità di questo impianto?’ – si chiede il Comitato -. Nel Piano provinciale rifiuti non è mai stato inserito un inceneritore e quindi si sta operando in difformità dalle stesse pianificazioni della Provincia prive di questa tipologia di impianto.
Nel frattempo l’Ato Grosseto ha carenza di rifiuti urbani da conferire all’impianto Futura delle Strillaie, tanto da non raggiungere il quantitativo minimo previsto da contratto con Unieco, e a rischio di penali sulle tariffe dei rifiuti pagate dagli abitanti. Ciò significa anche minori quantitativi di Cdr prodotto per alimentare l’inceneritore di Scarlino.
Il gestore Scarlino Energia dichiara che attualmente nell’impianto brucia Pks (Palm Kernel Shell, guscio di noce di cocco proveniente dalla Tailandia per circa 35.000 t/a)”.
“Tuttavia – spiegano i membri del Comitato -, con l’allargamento dell’Ato all’Area Vasta Siena-Arezzo-Grosseto, ora sono disponibili altri inceneritori: Poggibonsi (Si) sottoutilizzato (funzionano 2 linee su 3), San Zeno (Ar) in fase di raddoppio di potenza, e quindi quello di Scarlino diventa superfluo nell’ottica della gestione degli effettivi rifiuti del territorio.
Il presidente della Regione, Enrico Rossi, nel convegno sulla gestione dei rifiuti in Toscana tenutosi a Capannori a maggio, ha espresso la volontà di fare della Toscana una regione europea all’avanguardia, di ridurre la produzione di rifiuti e di costruire, attraverso un confronto con i territori, un nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti.
Ma ciò che è più importante, è il suo riconoscimento dell’attuale sovrastima del fabbisogno di inceneritori in Toscana e la bontà del modello Capannori come riferimento virtuoso, con la strategia Rifiuti Zero.
Anche l’Unione Europea ha deciso per la chiusura degli inceneritori al 2020 e comunque sono ben noti gli obblighi della raccolta differenziata che nella nostra provincia ancora non ha raggiunto i livelli minimi della normativa in vigore“.
“Pertanto – conclude il Comitato – urge che il modello di smaltimento dei rifiuti attuale venga sostituito da un modello che metta al centro la diminuzione della produzione di rifiuti, il riciclaggio e il riuso dei materiali, e che il Piano di gestione dell’Area Vasta venga revisionato in base ai quantitativi di rifiuti realmente prodotti (escludendo integrazioni da qualsiasi fonte) e agli impianti esistenti, chiudendo i superflui, o convertendoli al trattamento a freddo.
Tra l’altro tutta la popolazione ne guadagnerebbe di gran lunga, sia per le tariffe sui rifiuti decisamente inferiori, che per la salute e per l’ambiente più salubre“.