Castiglione della Pescaia (Grosseto). Difendere la dieta mediterranea significa difendere gli agricoltori e la salute dei consumatori dall”attacco delle multinazionali, che vorrebbero sostituire pane, pasta, frutta, legumi, cereali, olio extravergine di oliva, carne e pesce, con cibi industriali, indistinti, ultra processati ed artificiali. Così come significa contrastare le derive europee delle etichette semaforiche come il “Nutriscore”, che considerano la Cola Cola zero più salutare del Parmigiano Reggiano, e delle barricate sull’indicazione di origine obbligatoria che favorisce la concorrenza sleale.
Si alza dalla Toscana il muro di Coldiretti che da Grosseto, in occasione del convegno sulla “Dieta mediterranea: sfide e opportunità per una sana alimentazione”, ha denunciato i pericoli di scollegare la dieta mediterranea, universalmente associata a salute, salubrità, sostenibilità e longevità dal mondo della scienza, dal sistema produttivo agricolo condizionando i consumatori con la pubblicità con l’obiettivo di spostare i loro consumi, e le loro scelte di acquisto, verso una dieta omologata. Meno frutta e verdura di stagione insomma, più alimenti confezionati e lavorati.
Il convegno
L’iniziativa, moderata dal direttore provinciale dell’associazione, Milena Sanna, è stata aperta dai i saluti del sindaco di Castiglione della Pescaia, Elena Nappi e dagli interventi del presidente del movimento dei senior, Domenico Tocchi, di Giovani Impresa, Simone Parrucci, e delle Donne Coldiretti, Marianna Dori. Ad arringare la platea è stato il presidente provinciale, Simone Castelli: “Noi oggi scendiamo in campo contro gli attacchi di una élite globalizzata che vorrebbe imporci un modello alimentare fast, processato, senza carta d’identità, che non ci appartiene – ha tuonato in apertura Castelli –. Conosciamo nomi e cognomi di queste persone e di queste multinazionali che sotto mentite spoglie vogliono sostituirsi agli agricoltori che sono l’anello produttivo essenziale degli ingredienti nutrizionali che compongono la dieta mediterranea. Chiediamo ai consumatori di essere al nostro fianco, ancora una volta”.
La posta in palio è alta, anzi altissima, la salute dei cittadini. “La dieta mediterranea è l’ultimo tassello che le grandi multinazionali vogliono conquistare. La nostra è una generazione fortunata perché abbiamo mangiato bene. Viviamo vent’anni in più rispetto ai nostri padri e ai nostri nonni; anni che viviamo in autosufficienza – ha detto il presidente nazionale dei Senior, Giorgio Grenzi, durante il suo intervento –. La dieta mediterranea che noi abbiamo con cura coltivato e stiamo tramandando ci ha dato tutto quello di cui abbiamo bisogno per una vita in salute. Vorremo che i nostri figli e nipoti avessero la stessa possibilità di scegliere cosa mangiare”.
Un’alimentazione sbagliata non solo fa male, ma costa 289 euro a testa all’anno secondo il rapporto di Aletheia. E’ il costo sanitario della solo obesità. “Parlare di dieta mediterranea è parlare di salute individuale e di salute pubblica – ha spiegato Valentina Culicchi, dirigente medico della Nutrizione clinica di Grosseto –. E’ un modello alimentare in grado di prevenire l’obesità, molte malattie non trasmissibili come il diabete, l’infarto, molte forme tumorali, è uno strumento terapeutico. Ritarda le demenze. Ci fa vivere meglio ed in forma. Nonostante questo è un modello costantemente minacciata dalla disinformazione e dalla cattiva informazione che dilaga soprattutto sui social. E’ questa una battaglia che dovremo condurre insieme ridando dignità al momento del pasto che, a causa dei ritmi frenetici, stiamo progressivamente perdendo”.
Un’abitudine, quella di sedersi al tavolo insieme per consumare i pasti, sempre più in crisi. “La psicologia del consumo ha deturpato il sistema che governa le modalità di consumo. – ha spiegato il delegato nazionale dei Giovani Coldiretti, Enrico Parisi – Abbiamo perso il concetto e la dimensione di salubrità legato al cibo che costa fatica, tempo, impegno, ma che ci preserva e ci fa stare bene. I casi di infarto sono aumentati del 30% nella fascia 35/43 anni rispetto agli ultimi trent’anni e questo significa che stiamo mangiando male. Come si difende la dieta mediterranea? Con la cultura, le conoscenze e le competenze”.
Diffondere la conoscenza dei benefici della dieta mediterranea e di consumare ingredienti e prodotti agricoli locali, stagionali, freschi è al centro del progetto di educazione alimentare che Coldiretti, attraverso il movimento di Donne Impresa, ha portato in centinaia di scuole anche nell’anno scolastico appena concluso, incontrando oltre 20mila studenti, un migliaio solo in provincia di Grosseto.
“Il ruolo delle donne è sempre stato cruciale all’interno della famiglia nella trasmissione della cultura contadina. – ha spiegato Mariafrancesca Serra, responsabile di Donne Coldiretti nazionale – Oggi portiamo questa esperienza nelle scuole per insegnare ai bambini la stagionalità dei prodotti, a mangiare sano e a km zero. Li guidiamo verso un percorso di consapevolezza e li prepariamo ad affrontare gli scaffali della grande distribuzione”.
Dalla madre di tutte le battaglie, l’etichetta di origine su tutti i prodotti europei, all’abolizione del codice doganale che consente ad un prodotto di poter fregiarsi dell’italianità semplicemente “transitando” nel nostro paese per una piccola lavorazione, gli agricoltori non hanno certo paura della trasparenza. “Sono altri ad avere paura. – ha detto la presidente di Coldiretti Toscana, Letizia Cesani, nell’intervento conclusivo di giornata – Coldiretti ha acceso ancora una volta la luce su un disegno che purtroppo stiamo combattendo da soli. E’ in atto una strategia per azzerare un modello produttivo che parla di territori, distintività, prodotti Dop e Igp, ambiente e tradizione, Made in Italy. Quello che vogliamo ottenere dalle istituzioni europee, e lo faremo raccogliendo 2 milioni di firme, è di rendere obbligatoria l’indicazione della provenienza dei prodotti per mettere in condizione il consumatore di poter scegliere se acquistare o meno un alimento. Non è solo la dieta mediterranea ad essere in pericolo, è tutto il nostro sistema produttivo”.
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