Grosseto. Partita la raccolta del pomodoro da salsa in Maremma che, a causa degli effetti dei cambiamenti climatici, fra grandinate, nubifragi, e ondate di calore, rischia di produrre ancora meno rispetto alle già difficili annate degli scorsi anni.
Secondo le prima stime, la contrazione sarà intorno al 10%. Un “arretramento” dovuto a fattori di forza maggiore che spalancano però le porte delle frontiere alle importazioni di concentrato cinese (+50%), che costa la metà di quello tricolore grazie allo sfruttamento dei prigionieri politici e della minoranza musulmana degli Uiguri nello Xinjiang.
La Maremma, con 1,3 mila ettari e una produzione di 1 milione di quintali di pomodoro, quasi l’80% dell’intera produzione regionale, è a tutti gli effetti il principale polo per la salsa in Toscana.
A dirlo è Coldiretti Grosseto, in occasione dell’avvio della fase della raccolta ricordando che il pomodoro Made in Italy rappresenta un ingrediente fondamentale della dieta mediterranea e della vera cucina italiana, candidata all’iscrizione nella Lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco.
“Ai ritardi registrati in campagna nel trapianto delle piantine di pomodoro a causa del clima pazzo – spiega Simone Castelli, presidente di Coldiretti Grosseto -, si aggiunge l’aumento dei prodotti energetici e delle materie prime che si riflette sui costi di produzione del pomodoro superiori del 30% rispetto alle medie storiche, anche per il caro carburanti e il gap delle infrastrutture logistiche di trasporto“.
Il tutto mentre il pomodoro agli agricoltori viene pagato solo fra i 15 e i 17 centesimi al chilo. Il risultato è che, ad esempio, per una bottiglia di passata da 700 millilitri in vendita mediamente a 1,6 euro, solo il 9,4% riguarda il valore riconosciuto al pomodoro in campo, mentre – afferma Coldiretti Grosseto – il 90,6% del prezzo è il margine della distribuzione commerciale, i costi di produzione industriali, il costo della bottiglia, dei trasporti, il tappo, l’etichetta e la pubblicità.
In questo scenario l’Italia scivola al terzo posto come produttore mondiale, scalzata dalla Cin,a che fa concorrenza sleale violando diritti umani e dei lavoratori, tanto che il presidente di Coldiretti Ettore Prandini e l’amministratore delegato di Filiera Italia Luigi Scordamaglia hanno scritto al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida per denunciare che “l’aumento della produzione di pomodoro da industria cinese e la differenza di prezzo tra il concentrato di produzione orientale e italiana hanno determinato la ripresa di fenomeni fraudolenti di difficile individuazione data l’alta diluizione a cui il prodotto è sottoposto per l’ottenimento dei diversi derivati del pomodoro”.
Intanto, l’Italia è all’avanguardia in Europa grazie al pressing della Coldiretti, che ha fatto scattare anche l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro.
Nel carrello della spesa degli italiani, le tipologie di conserve di pomodoro più acquistate nella fase al dettaglio sono le passate e le polpe che concentrano circa i tre quarti dei quantitativi e il 54% della spesa complessiva, spiega Coldiretti su dati Ismea nel 2022. A seguire, tra i prodotti più venduti si piazzano i sughi pronti (12% dei volumi e circa il 30% della spesa) e i pomodori pelati (10% degli acquisti e 8% della spesa). Completano il paniere le conserve di pomodorini, il concentrato di pomodoro e i sughi freschi. Il consumo si attesta – conclude Coldiretti Grosseto – su una media di 35 chili a famiglia all’anno.
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