Granai a rischio. Continua incessante la crescita del prezzo del grano duro, che rispetto al 2021 segna un rialzo fino all’80%. Produzione nazionale in calo, ma la Toscana, e conseguentemente la Maremma, regge.
“Lo dicono i dati emersi dal Durum Days di Foggia – spiega il presidente di Confagricoltura Grosseto, Attilio Tocchi -, l’evento che annualmente mette a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della campagna cerealicola. Pensiamo che a maggio il prezzo del cerale si è attestato sui 544,50 euro alla tonnellata, un valore non distante dai picchi massimi toccati a gennaio 2022 e non si ipotizzano riduzioni di prezzo superiori al 15%, tenuto conto delle condizioni sempre più critiche del mercato dei cereali, influenzate dal clima secco che sta mettendo a rischio i raccolti francesi e le recenti piogge potrebbero non bastare in Italia per compensare la siccità dei mesi scorsi, anche alla luce dei ritardi delle semine ed in considerazione dell’ondata di caldo che ci sta investendo”.
Le stime parlano di una produzione nazionale che sfiorerebbe i 4 milioni di tonnellate, leggermente in calo rispetto a quella del 2021. E il futuro? “Secondo le previsioni di Areté, società di ricerca e consulenza specializzata nell’agri-food – risponde Tocchi -, dopo il pesante impatto della siccità nella scorsa campagna che ha compromesso oltre la metà del raccolto atteso in Nord America, anche per quella 2022/23, che si apre a giugno, le condizioni climatiche non ottimali stanno ipotecando le produzioni attese, con le semine in ritardo”.
“Questo non favorirà certamente un rimbalzo dell’offerta, sebbene in Canada sia atteso un aumento del 10% delle superfici che porterà a 5,5 milioni di tonnellate la produzione annuale, ben superiore agli ultimi 2,6. Per l’Italia – chiosa il presidente di Confagricoltura Grosseto – pesano pesanti incognite sulle rese del grano duro, legate soprattuto ai cambiamenti climatici“.
Infatti, secondo quanto riporta il Centro di cerealicoltura e colture Industriali del Crea, il più importante ente di ricerca dedicato all’agroalimentare, nelle regioni meridionali, se le condizioni meteorologiche permangono stabili, la produzione media attesa potrebbe essere limitata, in quelle centro-settentrionali, superato l’allarme siccità del periodo invernale-primaverile; al momento la coltivazione si presenta in buone condizioni anche dal punto di vista fitosanitario, mentre al Nord l’incognita meteo delle prossime settimane potrebbe influenzare ancora la produzione finale.
Quali possono essere le possibili soluzioni? “Prioritariamente una politica agricola più libera e meno schematica – auspica il presidente Tocchi – , che non incaselli e blocchi le produzioni come accaduto fino ad oggi, ma riconosca libertà di movimento e operatività, evitando programmazioni con orizzonti temporali a lungo termine. In secondo luogo serve un atteggiamento diverso della politica, legato ai dettami della scienza, più disponibile alle esigenze dell’agricoltura e senza vincoli“.