“Il rinvio è il primo risultato di una rivolta popolare contro un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia, che ci ha visti protagonisti su tutto il territorio nazionale, dove hanno già espresso contrarietà 14 Regioni, 1973 Comuni e 69 Consorzi di tutela delle produzioni a denominazioni di origine. Anche in Maremma ad oggi si sono espressi in modo contrario 12 Comuni”.
Così Andrea Renna e Marco Bruni, direttore e presidente di Coldiretti Grosseto, in riferimento alla scelta doverosa di far slittare in Senato la ratifica del trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada (Ceta) sotto il pressing di un’inedita ed importante alleanza tra diverse organizzazioni: Coldiretti, Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch.
“Per la prima volta nella storia, l’Unione Europea legittima – denuncia la Coldiretti – in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina, dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarà anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan“.
“La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese, ma – sottolinea la Coldiretti – è soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi anche emergenti che sono autorizzati cosi a chiedere le stesse concessioni“.
Secondo la Coldiretti, su un totale di 291 denominazioni italiane riconosciute, ben 250 non godono di alcuna tutela nel trattato.
“Il Ceta – evidenziano Bruni e Renna – uccide il grano duro italiano, toscano e maremmano con il crollo dei prezzi favorito dall’azzeramento strutturale dei dazi per l’importazione dal Canada, dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia. E pesa anche l’impatto di circa 50.000 tonnellate di carne di manzo e 75.000 tonnellate di carni suine a dazio zero da un Paese dove si utilizzano ormoni della crescita vietati in Italia”.