“Nella mia famiglia quando raccontavano di nonno Ezio, il mio bis nonno, la voce si abbassava. Ucciso dai nazi fascisti. Era come se mio nonno rivivesse nelle parole di dolore per quel giugno 1944. Il pudore del dolore mi è stato maestro“.
A dichiararlo è il sindaco di Monterotondo Marittimo, Giacomo Termine.
“Li chiamiamo ancora oggi i martiri della Niccioleta – spiega Termine -. Nonno Ezio era un lavoratore della miniera di pirite di Niccioleta. Nel 1944 presidiava gli impianti insieme ai suoi compagni per impedirne la distruzione dei nazifascisti in ritirata. Fascisti e nazisti il 13 giugno 1944 entrarono in paese e rastrellarono quasi 200 persone per punirli di non aver obbedito all’ordine firmato da Giorgio Almirante e affisso in ogni paese della provincia. Sei minatori furono uccisi subito davanti allo spaccio aziendale di Niccioleta. 144 tra uomini e ragazzi furono portati a Castelnuovo Val di Cecina. Il 14 giugno seguente, in una cava dismessa ne furono trucidati 77. Le vittime erano venute a Niccioleta per lavorare, molte erano originarie di Santa Fiora e, quel dolore è spalmato in tutta la nostra provincia“.
“Giorgio Almirante mi ricorda quell’eccidio. È responsabile di quei morti e di altre azioni causate dal tristemente famoso manifesto agli sbandati di Paganico che lui firmò. Niccioleta non fu un’azione di guerra in cui truppe nemiche si fronteggiarono. La ferita è nei ricordi e la memoria non si cancella, così come nessun sindaco di Grosseto ha mai cancellato quella scritta vergata con il gesso sulla lavagnetta che è posta dietro la scrivania del primo cittadino del capoluogo – conclude Termine -. C’è scritto ‘Mamma, Lele e Corrado un bacio’ e sono quei sentimenti strappati alla vita che vengono ricordati in piazza Martiri d’Istia. Le strade, i luoghi di vita, onorano gli esempi, non possono onorare i portatori di morte“.