Sabato 20 aprile, alle 18, alla galleria Spaziografico, in via Goldoni, Massa Marittima, è in programma l’inaugurazione della mostra fotografica “La terra che l’inverno non fa morire” di Andrea Berti.
Se pensiamo che le “vecchie” macchine fotografiche analogiche abbiano fatto il loro tempo ci sbagliamo: alcuni fotografi le usano ancora con maestria e, tra loro, spicca l’opera di Andrea Berti.
Con questa esposizione l’autore piombinese mostra quanta poesia, emozione, maestria e arte possano comunicare i suoi scatti in bianco e nero dedicati al paesaggio toscano, per di più se stampati con tecniche professionali dallo stesso fotografo. Un circolo virtuoso fatto di scelte precise e grande cura del dettaglio.
“Il paesaggio toscano rappresenta uno dei soggetti più fotografati al mondo, eppure quando l’autore ci mette quel qualcosa in più sorprende sempre, quasi prima d’allora non l’avessimo ‘visto’ davvero – spiega il curatore della mostra, Gian Paolo Bonesini -. Andrea Berti presenta ventidue immagini della campagna toscana colte nei mesi scorsi, soprattutto d’inverno, dove l’uomo non appare e solo il clima e la natura garantiscono l’esistenza dell’opera…. è artista e fotografo insieme, grazie a un mix riconoscibile di sentimento, visione e maestria“.
“Il titolo della mostra fa da contrappunto all’estetica delle immagini: questi paesaggi cupi e desolati, coperti da cieli drammatici stile Ansel Adams, ci parlano di una terra ricca e piena di risorse, che nelle sue profondità è vivace e irrequieta – continua Bonesini -. Immagini liriche, dunque, dove la drammaticità del bianco e nero esprime la sicurezza emotiva di un autore che conosce, ama e sceglie solo questo tipo di linguaggio fotografico, fra i molti possibili… Berti lo vive e lo fa proprio, trasmettendo quel senso del dramma e della bellezza tipici di una stagione più nascosta, intima, comunque vitale. Le fotografie possono mostrare luoghi forse riconoscibili, tuttavia sono lontane dalle immagini di documentazione pura; trasmettono suggestioni più vicine alla poesia che al racconto, sono fatte di bellezza compositiva e anche tragedia”.
“Un cenno particolare merita la tecnica usata dall’autore, dallo scatto alla stampa – sottolinea Bonesini –. Sono foto d’impostazione classica, realizzate usando due fotocamere analogiche di medio formato: una Rolleiflex del 1952 e una Hasselblad con grandangolo da 50 millimetri e teleobiettivo da 250 millimetri. I negativi di formato 6×6, scannerizzati in modo professionale con apparecchio Imacon a tamburo, sono stampati su carta di cotone fine art con una stampante professionale ink Jet Canon. Il montaggio su passe-partout di cotone acid free è realizzato secondo gli standard internazionali di conservazione. Che dire? La perfezione delle immagini si sposa felicemente con la passione e la cura con cui Berti le ha scelte e realizzate per noi”.