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Massa Marittima: il presentatore Davide Mengacci ha fatto visita al Toscana Foto Festival

di Redazione
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Ieri, Davide Mengacci ha raccontato la sua storia e la sua esperienza in un incontro al Palazzo dell’Abbondanza, nell’ambito del “Toscana Foto Festival”.

Il presentatore televisivo è a Massa Marittima per partecipare al workshop di fotografia di moda di Gabriele Rigon ed ha accettato di parlare della sua storia di fotografo e della sua vita.

Mengacci ha scoperto di essere appassionato di fotografia a soli 11 anni e, quindi, ha iniziato a scattare foto con macchine professionali. Il presentatore ha svelato alcuni segreti sul suo modo di fotografare e su ciò che gli piace immortalare in un’immagine durante le sue passeggiate per le strade delle città, soprattutto della “sua” Milano, la città in cui è nato e ha vissuto fino a quando ha iniziato a fare televisione.

Una cosa che emerge dal suo racconto è la precisione nel tenere tutti i negativi delle foto che ha scattato. Mengacci ha anche offerto ai presenti un aneddoto particolare: quando frequentava le scuole superiori, portava in casa le sue compagne, le fotografava e vendeva le foto alle mamme delle ragazze per 5000 lire. Le fotografie di Davide Mengacci si possono suddividere in tre categorie principali, come spiega lui stesso: le situazioni, le ironiche e gli equivoci. Le situazioni sono fotografie in cui compaiono scene strane, le ironiche fanno ridere o sorridere, mentre gli equivoci sono foto che sembrano qualcosa, ma sono tutt’altro.

Durante il suo discorso, il presentatore ha ribadito più di una volta il fatto che le fotografie vanno lette e non guardate, perché solo leggendole si può capire il loro vero significato.

Il “Toscana Foto Festival” intanto prosegue con i suoi workshop, mostre ed appuntamenti. Il prossimo imperdibile incontro è in programma domani, alle 22, al Palazzo dell’Abbondanza, con Lucien Clergue e la sua “Alla scoperta del nudo”.

Nato ad Arles nel 1934, Lucien Clergue è autore di circa cinquanta libri d’arte e di circa venti film. Nel 1969, è stato co-fondatore degli “Incontri internazionali di fotografia” ad Arles, famosi nel mondo intero. Ha vissuto la sua adolescenza nei quartieri gitani di La Roquette, vicino al Rodano. I gitani facevano sosta ad Arles prima di proseguire il loro pellegrinaggio verso Saintes-Maries-de-la-Mer. Lui li fotografava ogni anno e li ha seguiti in altri posti più tardi. E’ stata in una di quelle roulottes che ha scoperto Manitas de Plata, fotografando la sua famiglia e quella di José Reyes, che diventarono più tardi i famosi Gypsy Kings.

Clergue ebbe uno stretto rapporto con Picasso negli ultimi vent’anni della vita del pittore. Sono nate così numerose pubblicazioni, tra le quali Mon ami Picasso. Picasso, che aveva riconosciuto in Clergue un creatore dell’immaginario, disse: “Le fotografie di Lucien? Sono gli album del Signore!”. Di fatto, in Cocteau, Leiris, Lorca e Picasso troviamo tutta la tematica “clerguiana”: dalla serie dei “Saltimbanchi”, Picasso trasse ispirazione per il suo Arlecchino (1955).

I temi preferiti del Clergue sono i nudi, il ritratto, la corrida ed il paesaggio, con una partciolare predilezione per il suo paese natale, la Camargue, e i deserti americani.

Nel 1966, ha vinto il premio “Louis Lumière” per il suo primo cortometraggio “Dramma del toro”. Nel 1986 è stato nominato “Fotografo dell’anno” al Photo-fiesta di Higeshikawa in Giappone.

Attualmente, insegna fotografia alla Scuola nazionale di Arles, alla cui creazione ha contribuito nel 1982, ed anche in diverse università americane.

Dal 1979 è Cavaliere dell’Ordine nazionale del Merito.

Nel 1984, gli è stata dedicata una retrospettiva al Museo d’arte moderna di Parigi, successivamente presentata ad Helsinki. L’opera di Lucien Clergue, anche nelle immagini di nudo del passato, ha sempre interpretato la bellezza, la cultura, la sensibilità e la libertà del pensiero.

Per lui, la fotografia non è solamente tecnica, ma piuttosto creatività, interpretazione palpitante della vita e della natura e fotografare è gioia, vocazione e passione insieme, come se il nudo rappresentasse il ritratto dell’anima. Le immagini del maestro di Arles, di grande suggestione ed eleganza formale, parlano da sole, testimoniando con immediatezza l’emozione e la sensibilità del loro autore.

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