Grosseto. “La vita scorre appesa al filo dell’imprevisto, quello dell’incontro. Viviamo una serie di incontri: con persone, animali e con la natura, che in realtà incontriamo nella materia, grezza e trasformata. Con ognuno di questi elementi nasce una relazione, avviene una reazione, fosse anche quella di ignorare il contatto. Se l’incontro nel suo accadere non è nella nostra disponibilità, come viverlo spetta alla nostra coscienza, quella sapienza che accompagna e presiede alle nostre scelte. Scelte orientate da ciò che crediamo degli altri, del cosmo e di quel mondo che tutti sperimentiamo che, per convenzione, chiamiamo spirituale. A pensarci bene gli incontri sono ancora più indisponibili della morte, che uno può procurarsi quando vuole. Sfuggono alle nostre scelte, sono un inno alla creatività (di Dio?) e diventano la trama della vita. Nella nostra esistenza le persone appaiono, si manifestano, non vengono né chiamate né comprate, perché sono l’incarnazione della libertà. Per questo la coercizione, in qualunque forma venga esercitata, è uno scandalo, perché oscura e offende la libertà, il tratto più insondabile della nostra identità”.
Così Marcello Campomori, responsabile dell’ufficio diocesano per la pastorale culturale, presenta il simposio di scultura «Incontri d’arte del mondo», che la comunità monastica di Siloe, a Poggi del Sasso lancerà ufficialmente ad aprile per poi ospitarlo in tre momenti diversi: a maggio, a luglio e a settembre-ottobre. Un’iniziativa che si inserisce all’interno dell’Anno Santo della Speranza.
Il simposio
Il simposio, che ha già ricevuto il patrocinio del Dicastero vaticano per la cultura e l’educazione, si terrà, come detto, in tre distinte sessioni, portando ogni volta a Siloe artisti di fama internazionale provenienti da tutto il mondo.
Nella sessione di maggio, per esempio, saranno in Maremma Philippe Inacio Goetsci (Canada), Daniela Alvarado Leon (Colombia), Flavia Robalo (Argentina) e Sasha Serber (Israele). Per capirne il valore occorre far parlare chi, insieme alla comunità monastica, sta da mesi lavorando a questo progetto: Lorenzo Vignoli, scultore di Camaiore, anche lui artista conosciuto nel mondo.
“Nel mondo della scultura – spiega – i simposi sono momenti di incontro tra artisti, che si tengono in tutto il mondo e che, in loco, realizzano opere legate ad un tema. Generalmente il simposio è promosso da enti locali, istituzioni civili, per cui quello che stiamo organizzando a Siloe è un unicum, perché a promuoverlo è una comunità di monaci. Nel caso specifico poi metteremo insieme dodici artisti, tanti quanti gli apostoli, e posso dire che non è assolutamente facile. Tuttavia, in questo caso il sì è stato immediato e ci permetterà di accogliere artisti che vengono da Israele, dalla Palestina, dai Paesi del sud e del nord America, da Giappone, Bielorussia, Finlandia… Li abbiamo scelti tenendo fisso lo sguardo su aspetti concreti: prima di tutto dare voce a scultori capaci di visione e sappiamo quanto la società odierna ne abbia bisogno. E poi essendo, questo simposio, una ‘chiamata alle armi’ dell’amore, della pace, del dialogo, gli artisti hanno accettato perché hanno voglia di misurarsi con qualcosa di potente e di unico”.
In questo senso, come sottolinea Campomori, “l’evento dell’incontro è un allenamento e allo stesso tempo la partita. Allena l’ascolto e lo sguardo e, mentre avviene, ci cambia”. E allora “le mani, dirette dal cuore di questi artisti, sono un argine contro l’offesa alla bellezza. Non sarà l’estetica delle loro opere ad opporsi al brutto, ma la loro volontà di usare le mani per promuovere la pace e non per premere un grilletto. Abbiamo già raggiunto un risultato, incontrarci. Questo tempo che ci stiamo regalando è una novità da accogliere, un momento di convergenza umana, un tornare a frequentare parole di dialogo com-muovendoci, muovendoci insieme, per innervare la nostra esistenza di quella sana nostalgia di un’umanità riconciliata”.
Considerazioni riprese anche da padre Mauro Tomei, che con gli altri sette confratelli, vive l’esperienza quotidiana della vita monastica. “Dire comunità è semplice – osserva –, ma crearla è tutt’altro che facile. Siamo otto e siamo otto universi che vanno messi insieme, partendo dalle urla per arrivare alla parola. Dalla quotidianità semplice anche noi abbiamo sperimentato la ‘guerra’, le ‘trattative’, i ‘trattati di pace’ fra di noi e forse questa è la parte più bella, perché abbiamo imparato a relazionarci in modo più umano. In questo senso, dunque, il monastero è luogo di incontri: fra di noi che lo abitiamo per scelta di vita, ma anche con chi viene a visitarci. Fra coloro che sono venuti a Siloe c’è anche Lorenzo Vignoli. Abbiamo parlato tante volte nel corso degli anni e insieme abbiamo iniziato a sognare. Ci siamo, poi, persi di vista per un po’ senza però perdersi davvero mai. Finché lui non è tornato a Siloe e parlando delle situazioni del mondo, avvicinandoci fra l’altro all’apertura del Giubileo della Speranza, abbiamo sentito il desiderio di offrire alle persone qualcosa che possa aiutarle a riappropriarsi di ciò che il Giubileo offre all’uomo. Il simposio ci è parso un modo adatto per parlare di pace, perché, mentre siamo capaci di pensare a chiedere la fine delle guerre, non siamo spesso capaci di attraversare il pianerottolo di casa per fare pace col vicino… . Il simposio nasce con il desiderio di proporre piccoli gesti di pace, di fratellanza mettendoci in dialogo con l’umanità di oggi. Siamo tutti in cerca di abbracci e poi facciamo i cani gli uni con gli altri…”.
“Noi – conclude padre Mauro Tomei – dobbiamo avere il coraggio di incontrare il fratello e, quindi, il profondo di noi stessi. Senza fuggire. Questo è alla base del simposio”.